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Ducati Monster 1200 S 2014 – TEST

Borgo Panigale cala il suo asso per il 2014. Il Monster offre ora più comfort, prestazioni e tecnologia. La versione S costa 15.990 euro

Moto - Test: Ducati Monster 1200 S 2014 – TEST

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Monster è più di un modello per Ducati, è quasi un brand che ha fatto la fortuna della Casa di Borgo Panigale per oltre vent’anni (leggi qui la Storia del Monster). Nato nel 1992 in configurazione 900, il Monster è stato prodotto in tutte le cilindrate possibili, da 400 a 1200 cc in esattamente 275.452 pezzi e oggi ritorna nella sua edizione più potente e tecnologica di sempre col nuovo Monster 1200.
Lanciato a EICMA 2013 e subito incoronato Moto più bella del Salone, il Monster 2014 viene proposto in due versioni, base ed S, che si differenziano non solo nell’allestimento ma anche, e per la prima volta, nella potenza disponibile. Il modello base, eroga infatti 135 CV ed è offerto al prezzo di 13.490 euro, mentre la versione S ha 145 CV e costa 15.990 euro. Il modello base è disponibile nella sola colorazione con telaio e serbatoio rossi, abbinati a cerchi neri, mentre la S è proposta anche in un accostamento di serbatoio bianco a telaio bronzo e cerchi neri.

DESIGN: BIMONSTER
La novità più importante che il Monster 1200 porta con sè non va cercata nella scheda tecnica, ma nei dati ergonomici. Sì perchè per la prima volta un Monster è stato progettato per accogliere degnamente due persone e per garantire comfort a entrambi. L’unica via per raggiungere questo obiettivo era far crescere le dimensioni vitali della moto che, in effetti, anche a prima vista è più voluminosa. Ducati con il Monster guarda sia al passato che al futuro: basta osservare la moto da ferma per ritrovare ben presenti i tratti somatici della prima versione, incentrati sul serbatoio ricurvo e sul fanale oversize, che fecero la fortuna del M900, ban integrati in un design completamente nuovo che ripropone fortemente la meccanica come elemento distintivo di stile.

Il telaio, ridotto all’osso rispetto a un tempo, viene però esibito con decisione, grazie al diametro notevole dei suoi tubi. Il traliccio è cortissimo e lascia il palcoscenico all’imponente motore Testastretta 11° DS che troneggia in mezzo alla moto grazie alla sua funzione portante. Tra gli elementi meccanici che fanno l’estetica tralasceremmo il forcellone (probabilmente il componente meno integrato nel design) che avremmo preferito mantenesse quel tocco race-retrò dei monobracci in tubi d’alluminio degli anni scorsi. Le sovrastrutture si confermano minimaliste, con il serbatoio che da solo fa il 90% del design e con un copricodino che fatica a nascondere le forme ora abbondanti della sella, al punto che guardando la moto da dietro, questa sembra la sorella "culona" del Monster... A denunciare la cambiata destinazione d’uso troviamo anche una coppia di robuste maniglie per il passeggero e il parafango basso che funge anche da porta targa.

TECNICA: IL TESTASTRETTA DIVENTA PORTANTE
Il Monster 1200, come accennato, nasce proprio con l’intento di avere una nuova ergonomia. Il dato più eclatante è l’incremento del passo di ben 60 mm fino al valore di 1.511 mm, che ha generato un mezzo globalmente più grande del precedente. La posizione del manubrio è stata rialzata di 40 mm ed arretrata verso il pilota di altri 40 mm. L’inclinazione del cannotto di sterzo è fissata a 24,3° con un’avancorsa statica di 93,2 mm. La posizione del baricentro è ora di 43 mm più indietro e di 20 mm più in basso. Il telaio è composto da un corto traliccio in tubi d’acciaio che si vincola alle testate del V2 bolognese, e da un telaietto reggisella posteriore anch’esso fissato al carter motore e alla testata del cilindro posteriore. Questa configurazione ha reso il complesso telaio-motore più rigido a torsione del 99% rispetto al precedente. La versione S prevede forcella Ohlins con steli rovesciati trattati al TiN da 48 mm e ammortizzatore Ohlins azionato in configurazione Cantilever al posteriore. La versione base vede sostituire questi elementi con una forcella Kayaba da 43 mm completamente regolabile e un ammortizzatore Sachs dotato di precarico ed estensione regolabili.

Differenze notevoli anche per i freni, che sul modello base prevedono dischi da 320 mm con pinze Brembo M4-32 monoblocco e sulla versione S diventano da 330 mm con le pinze Brembo M50 della Panigale. In tutti e due i casi ad azionare i freni c’è una pompa radiale Brembo (da 16 mm sulla S e da 19 mm sulla base) con tubazioni aeronautiche e impianto ABS Bosch 9MP a tre liveli di regolazione. Tra i due modelli cambiano anche le ruote, che sul Monster base sono a dieci razze con design mutuato dalla 1199 Panigale e sulla S sono a tre razze a Y lavorati alle macchine utensili. In tutti e due i casi i pneumatici di primo equipaggiamento sono i Pirelli Diablo Rosso II nelle misure di 120/70 ZR17" e 190/55 ZR17".

TESTASTRETTA 11° DUAL SPARK
Il motore è il conosciuto Testastretta da 1.198 cc che equipaggia già Multistrada e Diavel, rivisto in questa edizione per adattarlo alle caratteristiche del Monster. Le modifiche più evidenti sono quelle strutturali, necessarie a realizzare gli attacchi anteriori per il telaio e quelli posteriori per telaietto e fulcro dell’ammortizzatore. Sotto la superficie, poi, troviamo un diagramma della distribuzione appositamente studiato per il Monster e l’adozione (come sulla ultima versione della Multistrada) della doppia accensione, per velocizzare il fronte di fiamma e rendere più completa la combustione. I corpi farfallati (forniti dalla Mikuni) sono cilindrici e hanno diametro di 53 mm e sono azionati da un sistema full ride by wire. Gli iniettori sono montati in modo da inviare la benzina contro il retro surriscaldato delle valvole di aspirazione anzichè sulla parete del cilindro, per migliorare la vaporizzazione della miscela.

Le misure di alesaggio e corsa sono quelle conosciute di 106,0 x 67,9 mm, il rapporto di compressione è stato innalzato a 12,5:1 e le due configurazioni di potenza sono ottenute tramite le diverse mappature del controllo motore: 135 CV a 8.750 giri/min e 12 kgm a 7.250 giri/min per il modello base, e 145 CV a 8.750 giri/min e 12,7 kgm a 7.250 giri/min per la versione S. La frizione è in bagno d’olio e dotata di antisaltellamento. Particolare non trascurabile è che per questo motore Ducati ha portato l’intervallo di registrazione del gioco valvole a 30.000 km, e quello di sostituzione dell’olio a 15.000 km.

ELETTRONICA

Il pacchetto elettronico del nuovo Monster prevede tre riding mode di serie che sovrintendono a erogazione del motore, controllo di trazione e ABS. Impostando il modo Sport la potenza erogata è la massima disponibile, il ride by wire si tara con una risposta diretta, il DTC si posiziona a livello 2 e l’ABS sul Livello1 senza controllo sul sollevamento del posteriore. Con la mappa Touring si ottiene la stessa potenza massima ma con un’erogazione più progressiva, il DTC si tara su 4 e l’ABS va a Livello2 con controllo del sollevamento della ruota dietro. Scegliendo il Riding Mode Urban, la potenza si taglia a 100 CV con Ride by Wire molto progressivo e controllo di trazione e ABS si impostano sulle tarature di intervento massimo. Oltre alle impostazioni appena citate, cambiando Riding Mode si adatta anche il cruscotto con tre tipologie di visualizzazione che l’utente può anche scegliere indipendentemente dal Riding Mode.

TEST: SEMPRE MONSTER, MA LA SCHIENA RINGRAZIA
La prova del Monster 1200 S la abbiamo fatta a Tenerife, sulle strade mozzafiato che fanno il periplo dell’isola e si inerpicano fin’oltre quota 2.200 metri sotto il cratere del Teide, il vulcano dell’isola che svetta oltre quota 3.700 metri. Fin da subito cerchiamo di portare la memoria alla posizione di guida del "vecchio Monster", ma non serve perchè le differenze sono così nette che si avvertono subito. La sella è realmente comoda con un’imbottitura che arriva a 80 mm ed è correttamente distanziata dal suolo (810 in configurazione standard che può scendere a 785 mm con la pratica regolazione introdotta per la prima volta da Ducati). Il manubrio è finalmente ben raggiungibile e alla giusta altezza per non affaticare il pilota e si conferma largo al punto giusto per dare un’ottimo controllo sull’avantreno. In generale il pilota siede comodamente e anche dopo una sgroppata di oltre 200 km non si avvertono segni di stanchezza o dolorini vari. Ben ampia e imbottita anche la sella del passeggero che può contare anche su pedane ben distanziate (non proprio bellissime da vedere ma bisogna fare di necessità virtù).

Imbocchiamo una intrigante strada di montagna e iniziamo a salire con la mappa Touring. Il motore si conferma un bicilindrico di razza: sebbene sia stato addomesticato per girare a regimi bassissimi, ricorda sempre al pilota che la sua genesi fu nelle corse mostrandosi un po’ recalcitrante fino ai 2.500/3.000 giri/min. La gestione del Ride by Wire in qusta configurazione è piacevolissima e rende l’erogazione più dolce fino ai 6.000 giri/min per poi lasciar libero il Testastretta di esprimersi come sa fare. Fin dalle prima curve si nota l’ottima maneggevolezza che i tecnici Ducati sono riusciti a dare alla moto, nonostante l’interasse elevato. Il Monster mostra subito di gradire i percorsi misti ma di media velocità, di quelli da percorrere tra terza e quarta. Sui tornantoni ampi la moto diventa godibilissima, con una spiccata tendenza ad entrare in curva molto veloce prendendo la corda in anticipo. In percorrenza bisogna spingere un po’ sul manubrio per tenerla giù poichè il nuovo bilanciamento dei pesi predilige il retrotreno, ma le velocità di percorrenza sono comunque molto alte. La stabilità ad elevata velocità è buona e anche i lunghi curvoni non sono un problema, anche se si avverte che l’avantreno è un po’ più leggero che in passato.

Le sospensioni Ohlins si guadagnano come sempre la lode: muovendo la moto da ferma sembravano fin troppo frenate, e invece in movimento ci hanno stupito per il perfetto bilanciamento tra frenatura e scorrevolezza. In curva l’accoppiata forcella/ammortizzatore comunica benissimo al pilota cosa sta succedendo sotto alle ruote, dando una sensazione di estrema sicurezza, mentre in rettilineo percorrendo dei tratti molto dissestati le Ohlins stupiscono per la capacità di assorbire tutto senza trasmettere colpi a braccia e schiena.
Capitolo freni: anche in questo caso c’è poco da dire. La dotazione del Monster S è davvero al top per potenza e modulabilità: il neofita dovrà solo fare l’abitudine alla incredibile potenza disposizione imparando a frenare accarezzando la leva. Ottima la taratura dell’ABS che non entra in funzione praticamente mai.

Quando il ritmo cresce passiamo al Riding Mode Sport: il Testastretta 11° diventa più presente e fin dai bassi regimi si sente che le farfalle si aprono più velocemente. L’erogazione si fa più vivace, ma anche più lineare e questo causa il ben noto problema dell’impressione di andar piano, perchè mancando una fase di entrata in coppia ci si trova a velocità siderali senza accorgersene. Giusto a titolo di cronaca, abbiamo provato anche la mappa City, che rende il V2 bolognese realmente docile e alla portata di chiunque; la risposta del gas viene filtrata con decisione e l’erogazione non spaventa mai.

IN THE END: CAMBIARE RIMANENDO SÉ STESSI
A fine prova il primo risultato tangibile è che dopo una giornata in sella in cui non ci siamo affatto risparmiati, non eravamo per niente stanchi. Quindi se l’obiettivo degli ingegneri Ducati era di rendere il Monster più godibile e fruibile, lo hanno centrato appieno. Probabilmente ciò ha reso la moto un pizzico meno specialistica di un tempo, ma la minor propensione alla guida sportiva viene ampiamente superata dalla possibilità di usare la moto tutti i giorni, con un impegno psico-fisico minore e senza aver perso nulla del piacere di possedere un oggetto di design che non passa certo inosservato, che è sempre stato una caratteristica peculiare del Monster.

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