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Husqvarna: luci ed ombre di un secolo di storia

Tra allori in due continenti e improvvisi cambi di mano, l’avventura di una delle muse del tassello mondiale

Moto - News: Husqvarna: luci ed ombre di un secolo di storia

Il marchio Husqvarna è probabilmente il più antico tra quelli dei produttori ad oggi ancora attivi nel mercato motociclistico. La sua gloriosa quanto travagliata storia infatti ha le sue radici addirittura nel 1689, due secoli prima dell’invenzione dei motori a combustione interna, quando Re Carlo XI, temendo la minaccia della vicina Danimarca, fece sorgere presso la cittadina di Huskvarna la Husqvarna Vapenfabriks, "fabbrica di armi Husqvarna": curiosamente, tanto bastò a scoraggiare ogni desiderio di espansione danese, ragion per cui la fabbrica presto si riconvertì alla produzione industriale dei più disparati utensili, mantenendo il comune denominatore di eccellenza nelle lavorazioni siderurgiche. Queste radici nell’industria bellica restano nel marchio dell’azienda, in cui il logotipo della "H" è incastonato nella canna di un fucile con tanto di mirino.

L’INIZIO MOTORISTICO
L’avventura nel mondo dei motori inizia nel 1903, con il lancio di una bicicletta motorizzata che, grazie ad un monocilindrico d’importazione belga, sviluppava una potenza di un cavallo e mezzo, per arrivare alla velocità all’epoca decisamente rispettabile di 50 km/h.

IL PRIMO PROPULSORE: LA "DROMBAGEN"
Nel 1919 Husqvarna lancia il primo motore di produzione propria, un bicilindrico a V da 12 cavalli, ma è solo con il modello "Drombagen" (Moto da sogno N.d.R.), del 1952 che iniziano le gare off-road: la Svezia lo porta alla "Sei giorni" del 1953 in Cecoslovacchia, l’unico evento internazionale dell’epoca, ed è un successo: sei medaglie d’oro, tre d’argento e una di bronzo.

LA "SILVERPILEN"
Dal 1955 il modello di punta è la "Silverpilen" (Freccia d’argento N.d.R.), un 175 cc due tempi, che i vari preparatori "non ufficiali" iniziano a corredare prima con un cilindro maggiorato da 200 cc della tedesca Muller, poi con un tubo di scarico singolo modificato e semplificato rispetto al doppio di serie, e infine con un kit di rinforzo per le sospensioni anteriori con degli ammortizzatori inglesi Girling. Il 18 luglio 1958 la prima Husqvarna "ufficiale" esordisce alla grande nel cross internazionale: Rolf Tibblin si presenta davanti a 30.000 a spettatori a Bielstein, Germania Ovest, da vero amatore, arrivando con la moto smontata nel bagagliaio dell’auto, e trionfa in modo assolutamente insperato. L’azienda ne è galvanizzata e prepara una moto per la stagione successiva in cui la Federazione Motociclistica Internazionale istituisce il titolo mondiale 250 cc. La base resta la Silverpilen, con nuovo motore in alluminio, nuova trasmissione e nuovo scarico. Restano il telaio della versione precedente e le forcelle Girling, non il meglio, ma economiche e facilmente reperibili sul mercato. C’è grande pressione su Tibblin, il pilota di punta di Husqvarna, che non delude, aggiudicandosi il titolo nonostante una partenza in sordina nelle prime gare.

IL PRIMO MONDIALE

Nel 1960 Husqvarna vuole il titolo della 500, vinto l’anno precedente dalla concorrente svedese Monark. Viene ingaggiato Bill Nilsson, già campione mondiale nel 1957, che affianca Tibblin con la nuova moto. Nilsson è il pilota di punta, e sceglie di correre con il telaio che già aveva usato nella stagione precedente, mentre per Tibblin ne viene costruito uno nuovo. La preparazione al campionato avviene senza intoppi, ma, il giorno prima del GP inaugurale in Austria, Nilsson rompe il telaio proprio sotto il manubrio. Il telaio viene saldato in gran fretta in un’officina locale, e non c’è verso di ritrovare l’esatta configurazione originale. Nilsson, determinatissimo a correre, fa comunque rimontare la moto: incredibilmente il mezzo diviene più agile e guidabile, e Husqvarna domina il mondiale. Nilsson vince il titolo e Tibblin chiude terzo.

IL PERIODO "NERO"... O QUASI
Al di fuori delle corse, il boom post economico porta una profonda crisi: le confortevoli automobili diventano alla portata di tutti e soppiantano le due ruote come mezzo di trasporto. Husqvarna nel 1961 vende solo 427 unità, e decide di fermare la produzione, continuando a vendere solo le moto già costruite, e concentrandosi sugli altri business. Paradossalmente, ne segue che l’attività motociclistica si concentra su progetti "racing" fuoristrada, con Husqvarna che diventa uno dei riferimenti del mondo del tassello: la casa infatti ha a disposizione cataste di parti invendute della Silverpilen, a cui adatta motori prototipo che, essendo destinati alle gare, non sono soggetti a garanzia, senza richiedere quindi impegni di lungo termine all’azienda.

MERCATO USA: LA SVOLTA
La svolta avviene nel 1964: il commerciante californiano Edison Dye incontra per caso in un ristorante di San Diego Stickan Ericksson, venditore Husqvarna di Stoccolma, che lo incanta con il racconto dei trionfi nelle gare europee. Dye riesce a ottenere il mandato per l’importazione negli USA, e le ottime vendite oltre oceano convincono Husqvarna nel 1969 a riavviare la produzione di serie. I titoli continuano a fioccare: in Europa, nel mondiale cross, nel Motocross delle Nazioni, alle Sei Giorni di Enduro, negli Stati Uniti sia nel cross AMA che nelle Baja.

ARRIVA IL CR 125

Il 1972 è l’anno del CR 125, cilindrata tanto attesa dal mercato americano: inizialmente è un successo, buoni i risultati in gara nell’Europeo di Cross, ma il progetto è abbandonato per le scarse vendite. Infatti, a causa della stretta parentela con i modelli più grandi (stesso telaio e stessa trasmissione di 250 e 450) non può competere per peso e maneggevolezza con l’Honda Elsinore 125, uscita solo pochi mesi dopo.

L’ARRIVO DI ELECTROLUX
Tra alti e bassi arriva un momento cruciale: il fulmine a ciel sereno colpisce il 22 Novembre 1977, quando la multinazionale svedese Electrolux annuncia l’acquisizione di Husqvarna: interessata al business di macchine da cucire e motoseghe, la nuova proprietà punta subito a liberarsi della divisione motociclistica, unificando gli stabilimenti in un’unica fabbrica a Odeshogi. Sono chiare le intenzioni di vendita, ma il giovane amministratore delegato Johansson ottiene una sorta di tregua, per cui, pur restando aperta a valutare eventuali offerte, Electrolux non si muove attivamente per cercare acquirenti. Continuano le vittorie in gara, ma, ennesimo paradosso nella travagliata storia di Husqvarna, è proprio il trionfo nel Mondiale cross 250 di Hakan Carlqvist nel 1979 a far chiudere i rubinetti per l’attività di sviluppo, facendo perdere il treno delle rivoluzioni tecniche che stavano investendo motori, sospensioni e freni a partire dagli anni 80. Con poca lungimiranza, infatti, si sceglie di spingere sul catalogo esistente, promuovendo i mezzi che, come in teoria dimostravano le vittorie in corsa, non avevano bisogno di ulteriori sviluppi.

I RALLY AFRICANI

Degna di menzione è la partecipazione alla Parigi - Dakar del 1980: come banco di prova in vista di un’importante commessa l’esercito francese sceglie il rally africano, e sei soldati portarono in gara due 250 WR da enduro e quattro 250MP, un modello a trasmissione automatica concepito per l’utilizzo militare. La prova è brillantemente superata, con quattro dei sei mezzi all’arrivo, ma nella scelta finale vince la politica, e la commessa va a Peugeot.

"L’ULTIMA "SVEDESE"
Nel 1982 il pilota di punta nel mondiale cross è l’americano Mike Guerra. Husqvarna vince la gara inaugurale in Spagna, ma i segnali sono chiari: rispetto alla stagione precedente tutte le altre case hanno compiuto balzi in avanti, mente Husqvarna è rimasta ferma. Questa gara segnerà tristemente la fine di un’era: sarà l’ultima vittoria nel mondiale cross per un’Husqvarna costruita in Svezia.

ARRIVA LA CR500

Gli anni che seguono vedono i successi targati Husqvarna assottigliarsi in Europa, mentre negli Stati Uniti, oltre a dominare regolarmente le Baja, le Husqvarna restano protagoniste anche nei campionati Enduro. Vertiginoso è anche il crollo delle vendite, di certo non aiutato dalla strategia aziendale, per cui si buttano sul mercato i modelli più disparati, alcuni obsoleti già alla nascita, altri forse troppo innovativi per il successo massivo. Solo nel 1985 la CR500 si allinea alle dotazioni della concorrenza: monoammortizzatore posteriore, freni a disco e raffreddamento a liquido, che dall’anno successivo vanno ad equipaggiare l’intera gamma cross ed enduro, riportando anche nelle competizioni l’Husqvarna ai vertici: il team svedese vince la Sei Giorni, Thomas Gustavsson l’europeo enduro 500 e c’è anche qualche comparsa nella top ten nelle gare del mondiale di cross.

IL PASSAGGIO A CAGIVA

Tutto sembra pronto a ripartire, quando, il primo Aprile 1986, arriva l’annuncio formale della cessione alla Cagiva di Gianfranco Castiglioni, il più grande costruttore europeo dell’epoca. L’obiettivo strategico è di acquisire le competenze per un valido motore 500, fiore all’occhiello di Husqvarna, da affiancare ai 125 e 250 con cui Cagiva figurava ottimamente nel mondiale di cross, ma i continui successi agonistici hanno il contraltare di una disastrosa crisi finanziaria e di mercato di Cagiva. Nel cross il primo titolo 500 della gestione italiana arriva nel 1993, e nel 1998 il lungimirante team manager Martino Bianchi strappa a Yamaha Alessio Chiodi, che trionfa per due mondiali nella 125. Nell’Enduro, il 1995 entra in scena di Anders Erikkson, che vincerà sei titoli negli otto anni successivi.

DAL 2000 AD OGGI: BMW E POI...
I debiti divorano intanto Cagiva, che prima cede Ducati, e poi si ristruttura integrandosi in MV nel 1999. Husqvarna rilancia completamente la sua gamma nel 2002, con motori nuovi e tecnologicamente avanzati, preparandosi a festeggiare il centenario del 2003 in grande stile, mentre MV proprio nel 2002 entra in amministrazione controllata. Il valore tecnico delle Husqvarna è ampiamente riconosciuto, continuano i successi nell’enduro e nella neonata motard, ma sono le difficoltà di MV che guidano le sorti della gloriosa marca. Nel 2004 la maggioranza di MV passa alla malese Proton, e le vendite iniziano a risalire. La previsione per il 2007 è quella di rompere il muro delle 12.000 unità (poco più di 2.000 moto solo tre anni prima), ma il gruppo MV resta ancora fortemente indebitato, e non ha alternativa se non la cessione di Husqvarna a BMW.

Gli anni che seguono sono cronaca, con grandi investimenti industriali, ripresa dell’attività di gare in tutti i settori, lancio di una miriade di nuovi modelli, promettenti piani strategici di crescita anche nei nuovi mercati con l’apertura di impianti produttivi in Brasile, per arrivare al 31 gennaio scorso, con l’inattesa improvvisa notizia della cessione alla Pierer Industrie AG, azionista di maggioranza anche di KTM, in uno scenario che ancora deve finire di configurarsi.

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