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SBK, Andrea Locatelli: un montagnino diventato gioiello Yamaha

L’INTERVISTA – Ce lo racconta il suo manager, Yuri Danesi: “Andrea è uno di quelli che non è cresciuto col culo nella panna. A lui non interessa essere mediatico o finire in copertina, ma solo fare il pilota. Suo padre ha macinato migliaia di chilometri per farlo diventare il pilota che è oggi. In Rea ha visto un’opportunità e pensare che in SuperSport non voleva andarci"

SBK: Andrea Locatelli: un montagnino diventato gioiello Yamaha

La nota più bella di questo inizio di stagione in casa Yamaha è certamente rappresentata da Andrea Locatelli. Al quarto anno con il team ufficiale, il pilota bergamasco si sta rivelando sempre più una certezza, a tal punto da essere diventato una sorta di riferimento.

Sarà anche vero che la stagione è solo all’inizio e ci aspettiamo di vedere presto anche Johnny Rea protagonista, ma al momento il Loka ha saputo mandare un segnale ben chiaro della sua crescita. Per conoscere meglio chi è Andrea ne abbiamo parlato con Yuri Danesi, il suo manager, che lo segue da oltre dieci anni in pista e fuori.

Quello con Andrea è un percorso lungo, che dura ormai da tantissimo tempo – ci ha detto Danesi – penso che per Andrea sono una sorta di fratello grande e per me è un grande piacere poterlo accompagnare in questa lunga avventura nel mondo delle due ruote. Giusto per spiegare il nostro legame, lui è stato testimone di nozze al mio matrimonio”.

Siete partiti dal CIV.
“Esatto, era il 2012. Poi con il supporto del Team Italia e Mahindra siamo arrivati nel Mondiale. In seguito c’è stato il capitolo Gresini, dove Andrea fu vittima della rottura del coccige, poi siamo sbarcati in Leopard assieme a due grandi campioni come Mir e Quartararo. Quello con Leopard fu un primo snodo della carriera di Locatelli, perché ad un certo punto avevamo due strade da scegliere al termine della stagione: la prima sarebbe stata quella di ripartire da Leopard con Honda, la seconda il salto con Italtrans in Moto2”.

Avete quindi accettato la Moto2.
“Abbiamo scelto Italtrans, ma purtroppo non fu un avventura facile come tutti ben ricordate. Forse la scelta giusta sarebbe stata quella di ripartire dalla Moto3, considerando anche il suo peso, ma alla fine siamo sbarcati in Italtrans”.

Purtroppo quell’esperienza non è andata nel verso sperato.
“Esatto. Ad un certo punto parlai con Andrea, dicendogli che ci sarebbe stata una possibilità con Evan Bros in SuperSport, ma lui non era per niente convinto. Anzi, la sua priorità era quella di restare nel paddock del Motomondiale, ma alla fine accettò il salto in quello delle derivate”.

Possiamo dire che il meglio stava per arrivare senza che lui lo sapesse.
“Dalla SuperSport in poi la storia la conosciamo tutti bene. Evan Bros è stato un team straordinario, che lo ha messo nella posizione migliore, consentendogli di dominare il Mondiale e vincere. Poi è arrivata la promozione in Yamaha nella squadra factory. Voglio mostrare la mia totale riconoscenza a Yamaha per aver creduto in Loka e averlo accolto in una struttura di primissimo livello, consentendogli di mostrare le sue qualità”.

Yuri, che pilota è Andrea?
“Andrea è un bergamasco e al tempo stesso un montagnino,  cresciuto in una realtà come Selvino dove quando sei giovane o vai a scuola oppure lavori. Non ci sono tante alternative. Ad oggi lui è il pilota che vedete, un ragazzo che non gli interessa essere mediatico o finire in copertina sui giornali. A lui interessa soltanto lavorare e fare il pilota. È semplice, umile e mai nessuno gli ha regalato nulla. Tutto quello che ha ottenuto se l’è preso da solo”.

Non deve essere stato semplice diventare pilota in una realtà con poche strutture?
“Verissimo ciò che dici. Solo suo padre, di professione artigiano, sa quanti migliaia di chilometri ha percorso per portarlo in giro ad allenarsi, considerando che la pista più vicina è ad un’ora e mezza di distanza da casa. Ma di questo la sua famiglia e Andrea non si sono lamentati anzi, perché lui è orgoglioso della sua terra e mai lascerà la realtà dove è cresciuto. Sai qual è la cosa che più mi piace di Andrea?

Quale?
“Quando si allena Andrea è pilota e al tempo stesso meccanico, infatti si fa lui la moto da solo e poi se la pulisce. Di sicuro, come si dice da noi, non è nato col culo nella panna (sorride). Penso anche a quando organizziamo le feste del fan club, dove lui arriva prima degli altri per allestire la sala e poi si ferma a pulire. Noi tutti siamo orgogliosi di lui, perché mi ricorda tanto il pilota vecchio stile”.

È giusto dire che la forza di Loka sta nella sua testa? Immagino non sia stato facile condividere il box prima con Toprak e ora con Rea.
“Sì, condivido. Lui è uno che non si è mai abbattuto, perché consapevole delle proprie qualità. Ovviamente ci sono dei momenti complicati, questo capita a tutti i piloti, ma è un po’ come un puzzle. Nel momento in cui tutti i pezzi si incastrano, esce il suo valore”.

Come ha preso l’arrivo di Rea dopo Toprak?
“Lui con Toprak ha costruito un bellissimo legame che rimarrà per sempre. Per quanto riguarda l’arrivo di Johnny era felice, per un semplice motivo. Avere Rea nel box rappresenta un’opportunità di crescita per imparare e migliorare. Ovvio che poi Johnny è il primo rivale, ma di sicuro con un pilota del suo calibro hai la possibilità di alzare ulteriormente l’asticella”.

A Loka manca una sola cosa: vincere in Superbike. È l’anno giusto?
“Quello è il nostro obiettivo. Dopo 3 anni con Pitt, che ringrazio per tutto ciò che ha fatto, ora ha al suo fianco un nuovo capotecnico. Andrea lo vedo molto sereno, ma soprattutto consapevole di ciò che sta facendo. Penso che vincere sia il modo migliore per ripagare Yamaha, che ha voluto credere fortemente in lui, garantendogli un biennale lo scorso anno”.    

    

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