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Tecnica e piloti: come Ducati ha trasformato la MotoGP in un 'monomarca'

Almeno una Desmosedici è in prima fila da 42 GP, sul podio da 28, domenica in Argentina lo ha monopilizzato con piloti 'satellite'. La Rossa è passata da essere Davide a Golia

MotoGP: Tecnica e piloti: come Ducati ha trasformato la MotoGP in un 'monomarca'

Dopo appena due Gran Premi disputati non sappiamo chi vincerà il Mondiale piloti, ma abbiamo un forte dubbio che quello marche sia già di Ducati. La classifica è inclemente, con la Casa di Borgo Panigale, con 71 dei dei 74 punti a disposizione già in cassaforte, ha già quasi doppiato la seconda in classifica, KTM con 38. Poi ci sono Aprilia (32), Yamaha (27) e, fanalino di coda, Honda (20).

Non è una sorpresa, perché c’è almeno una Desmosedici in prima fila da 42 Gran Premi (da Valencia 2020) e sul podio da 28. Sono numeri che ben rappresentano il dominio rosso che da qualche anno sta monopolizzando la MotoGP, con la ciliegina sulla torta del titolo di Bagnaia lo scorso anno.

Facile con 8 moto’, sentiamo già la replica, ma non può essere una colpa per Borgo Panigale fornire più di un terzo dei piloti sullo schieramento. Che sia un anomalia lo sanno anche i vertici della Rossa, ma se è accaduto è perché gli altri costruttori non hanno voluto o potuto fornire i loro mezzi ai team satelliti. Senza dimenticarsi che quantità non è sinonimo di qualità.

Proprio in questo senso, la Ducati ha fatto la differenza, sia dal punto di vista tecnico sia da quello sportivo. Avere 8 Desmosedici in pista (16 nei box) significa un grande impegno. Sicuramente vuol dire una grandissima molte di dati utili per lo sviluppo e per portare avanti diverse prove nei fine settimana di gara, ma anche un impegno logistico importante. Senza contare che bisogna fornire anche ai ‘privati’ moto competitive. È quello che in Ducati hanno fatto.

Lo scorso anno Bastianini ha vinto 4 gare con la ‘vecchia’ GP21, domenica sul podio in Argentina c’erano tre GP22. Tutti segni che Ducati ha una base solida e che le moto dell’anno prima sono il sogno proibito anche per i piloti ufficiali degli altri marchi. Quel toro impazzito che avevamo conosciuto ai tempi di Capirossi e Stoner, grazie alle cure di Gigi Dall’Igna e dei suoi uomini è diventato mansueto, senza perdere la grinta.

Provate a chiederlo ad Alex Marquez, un pilota che sembrava destinato al pre-pensionamento, e in pole position e sul podio dopo appena due GP sulla Rossa. A parte Di Giannantonio (che comunque una pole l’ha fatta lo scorso anno) 7 degli 8 piloti sono riusciti a salire sul podio con la Desmosedici (ultimo Marini nella sprint race di sabato scorso). Anche i debuttanti si trovano bene, come hanno dimostrato prima Bastianini e poi Bezzecchi nelle loro stagioni di esordio.

Qui si apre il capitolo piloti, altrettanto importante. Forse dopo essere rimasta scottata con Jorge Lorenzo (tanti soldi e pochi risultati), la politica di Ducati è cambiata. Invece di andare a cercare la stella nell’attuale costellazione della MotoGP, ha deciso di investire sui giovani. Poca spesa e tanta resa - qui il detto funziona - con Bagnaia e Bastianini come migliori esempi (ma vale anche per Bezzecchi, anche se il suo contratto è con il team e non con la Casa), senza dimenticare Martin e Marini. 

Ai tempi di Dovizioso, o vinceva lui o si piangeva (con qualche eccezione alla regola), ora anche nella giornata storta di Pecco c’è chi è pronto a prendere il suo posto. Tanto che il campione del mondo ha i principali rivali proprio in famiglia.

Nei primi anni della Ducati in MotoGP, l’immagine più usata era quella di Davide contro Golia. I rapporti sembrano essere cambiati, con i giganti giapponesi diventati piccoli e la Rossa cresciuta fino alle dimensioni di un colosso. Un nuovo ciclo sembra essere già iniziato, da qualche anno ormai.

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