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Honda VTR 1000 SP-2, la SBK giapponese V2 che ha battuto le Ducati

La RC51 è un progetto grazie al quale il texano Colin Edwards vinse due mondiali SBK, uno con la SP-1 e uno con “questa” SP-2, mettendo in riga le Ducati 996 e 998

Honda VTR 1000 SP-2, la SBK giapponese V2 che ha battuto le Ducati

Lo scorso anno ne avevamo parlato in un articolo con la sorella SP-1 (qui articolo e foto),ora abbiamo deciso di dedicare un video a questa magnifica ventenne, per raccontarvela, ma soprattutto per farvela vedere e sentire.

LA “V2” CREATA PER VINCERE CONTRO DUCATI

La storia del progetto che ha portato alla nascita della Honda VTR 1000 (RC51), prima SP-1 e poi la sua evoluzione SP-2 è nota quasi a tutti. La casa giapponese pagava un regolamento SBK che avvantaggiava forse troppo le bicilindriche, che potevano sfruttare differenti limiti di cilindrata e peso rispetto alle plurifrazionate. Conseguentemente Ducati dominava i campionati con le sue moto. In Giappone non solo Honda, ma anche Suzuki con la TL 1000 (progetto che però non raccolse i successi auspicati, di fatto la TL 1000 R non fu mai utilizzata da team ufficiali), svilupparono i loro inediti modelli V2 proprio per contrastare il dominio, in pista, ma anche mediatico della casa italiana.

Oggi possiamo dire che la scommessa fu vinta, grazie ai due mondiali messi in bacheca da Colin Edwards, nel 2000 con la prima VTR 1000 SP-1 e nel 2002 con una SBK derivata proprio da questa SP-2. Se lato sportivo il progetto ha ottenuto i risultati auspicati, lato prodotto si concluse senza grande successo. Il V2 venne pensionato senza che VTR 1000 Firestorm e Varadero restassero troppo nel cuore degli appassionati, anche se magari lo avrebbero meritato. Personalmente una Firestorm l’ho avuta e la ricordo positivamente, consumi a parte (in confronto la VTR 1000 SP-2 è quasi parca). Vuoi per le modifiche ai regolamenti, ma soprattutto perché commercialmente la scommessa fu economicamente un grosso investimento con un rientro irrisorio, nelle competizioni e tra le supersportive dopo questa SP-2 Honda non ripropose più una bicilindrica.     

DIFFERENZE TRA VTR 1000 SP-1 ED SP-2

Come accennato, a livello economico non è sicuramente stata un’operazione remunerativa, soprattutto al netto del ritorno di immagine ottenuto sfidando e battendo Ducati sul proprio campo di gioco, i bicilindrici. Honda aveva infatti sviluppato una moto tutta nuova, intorno al cuore V2, che anch’esso aveva ben poco in comune con il V-Twin della Firestorm ad esempio (solo il 10% dei componenti era in comune), e con soluzioni tecniche degne di moto prodotte in serie limitata. L’SP adottava distribuzione a cascata di ingranaggi e trattamento superficiale dei cilindri in composito ceramico di alluminio, ma su tutte citiamo i radiatori laterali. Se all’epoca non piacquero a tutti, oggi sono uno degli elementi principali intorno ai quali si sviluppa il look di una moto oggettivamente bellissima e invecchiata come i migliori vini. L’investimento fu ingente anche nell’aggiornamento della base per la SBK, con la SP-2 che solo apparentemente resta quasi identica alla SP-2. Il cuore da 999 cc con angolo a 90° fu ritoccato in moltissimi dettagli, affinato, migliorato e reso una base migliore per la configurazione da gara. Sulla moto di serie la potenza passò da 127 a 135 CV, erogati a 10.000 giri. Un dato non eclatante (all’epoca una CBR 900 ne aveva 154), ma ottenuto adottando nuovi e più leggeri pistoni, ma intervenendo anche sulla linea di alimentazione (i corpi farfallati da 48 salirono a 54 mm) e sull’impianto di raffreddamento (montarono due ventole al posto di una per risolvere problemi di surriscaldamento lamentati sulla SP-1).

Lato ciclistica è nuovo anche il telaio, rivisto in alcuni dettagli, ma la novità più importante riguardava il forcellone, differente nelle misure (+ 10 mm di lunghezza) e nella tecnica di realizzazione, che diventava quella dello scatolato in alluminio. Ritoccati anche cerchi e forcella, per offrire meno peso e regolazioni e tarature più performanti. Sulla bilancia gli effetti si concretizzavano con una diminuzione di 2 kg del peso a secco, sceso a 194 kg complessivi. Migliorata soprattutto nell’uso in pista e nella guida più estrema su strada, la SP-2 oggi è ovviamente lontana anni luce dalle SBK targate che possiamo trovare a listino. Va poi ricordato che nasceva essenzialmente come base per le gare, senza l’ambizione di essere la più potente o performante nella sua versione targata. Tanto per capire, la stradale perdeva 30 kg e guadagnava 40 cv in configurazione da gara.

SULLA SELLA DI COLIN EDWARDS

Pesante e poco a suo agio sullo stretto, la VTR 1000 SP-2 è molto meno efficace rispetto ad una moderna, ma se la si sfrutta adeguatamente, riesce a sorprendere positivamente e a tratti non si direbbe che siamo in sella ad una “milfona” di 20 anni. Le prestazioni del motore sono più “umane” e la si riesce a spingere a fondo senza aver necessariamente bisogno del supporto dei controlli elettronici o degli spazi di un circuito. In sella ci si sente più partecipi e l’assenza perfino dell’ABS rende l’esperienza di guida senza alcun filtro. Da anni siamo “viziati” da antisaltellamento, controllo di trazione, di impennata, cornering ABS, Ride by Wire, quick shifter bidirezionali ed una miriade di altri aiuti che rendono la guida più sicura, ma anche più alla portata di tutti.

Qui dobbiamo dimenticarci tutto, fare un salto nel passato e mettere molta più attenzione in ciò che facciamo dietro ai semimanubri di una moto che oggi possiamo definire storica, quantomeno vintage. Ogni volta che risalgo in sella alla “mia” SP-2 (la possiedo dal 2008) parto prudente, la faccio scaldare bene, le do un po’ del lei per quella sorta di timore reverenziale che si ha al cospetto di una sportiva ancora analogica, senza i paracaduti di un’elettronica moderna che spesso trae invece d’impaccio con le moto attuali. Tutta la prudenza che vorrei mantenere lascia via via lo spazio alla libidine di sentire esplodere tutta la cattiveria del V2 da 6 mila giri in su, con il problema che regolarmente finisco per andare più forte con lei che con una moderna, con almeno due controindicazioni. La prima è legata alla mia patente, la seconda è legata invece alla sicurezza, perché la pur buona frenata all’epoca del suo debutto, è oggi nettamente inferiore a quella di una moto moderna, ma è solo la punta dell’iceberg parlando di guida. Lei sbacchetta, si scompone, saltella, come qualsiasi moto faceva fino a qualche anno fa e come non siamo ormai più abituati a vedere ed a dover gestire con mestiere mentre si guida.

Non per questo è poco efficace ed appagante, anzi, è semplicemente un altro film, se scendete dall’ultima SBK stradale. Come detto non è propriamente una moto da misto stretto o da cambi di direzione repentini, situazioni in cui va gestita di fisico e violentata un po’, ma quando le curve sono a raggio più ampio e non appena si ha strada libera davanti, il suo bicilindrico canta e stupisce non poco. Ha una bellissima erogazione, con una colonna sonora che nel nostro caso si avvantaggia di uno scarico non originale. Qualcuno storcerà il naso, ma quello originale è conservato in box e con questi terminali corti il vantaggio a livello di sound è davvero degno di nota.

La posizione è da sportiva pura, ma ad esempio rispetto ad una Ducati 916 o 748 i semimanubri non impongono un carico troppo eccessivo sui polsi. Si tratta certamente di una moto non da turismo, ma il sacrificio da fare per godersela nei tratti guidati dove escono i suoi pregi, non è poi così estremo e ricordo giri in giornata da oltre 500 km, senza arrivare distrutti e stanchi. Tanto che all’epoca avevo sfruttato il telaietto del cupolino per installare perfino una presa 12v ed un supporto per il cellulare, che prima o poi andrò a rimuovere.

Sarò di parte, ma negli ultimi 10 anni vissuti con il privilegio di poter testare qualsiasi tipologia di moto, sono stato a lungo lontano dalla mia amata VTR 1000 SP-2, ed ogni volta che sono risalito in sella mi aspettavo di restare deluso dal salto nel passato, ed invece ritrovo sempre una dimensione e delle sensazioni che le moto di oggi non riescono a regalarmi. Ci si sente più piloti, e un po’ bisogna esserlo, perché se si guida allegri ci si trova spesso a dover gestire reazioni che oggi sono tenute a bada da un’elettronica sempre più raffinata. Meglio? Peggio? Il mondo va avanti ed è oggettivamente migliore, più performante, più sicura una moto attuale rispetto a questa VTR SP, che però dalla sua ha un fascino e può regalare emozioni che una giovincella non conosce nemmeno.

LA QUOTAZIONE 

Chiudiamo parlando di prezzi. Dopo aver debuttato sul mercato a circa 15.500 euro nel 2002 (quando una CBR 954 ne costava meno di 13 mila), la Honda VTR SP-2 ha visto il suo prezzo diminuire sul mercato dell’usato, anche a meno di un terzo di quanto occorreva per comprarla nuova. Oggi se ne trovano poche, non pochissime visto che non è una serie limitata e ne sono state prodotte un buon numero. In vent’anni ovviamente non tutte sono arrivate ai giorni nostri e soprattutto in condizioni buone o ottime. Se la prima SP-1 concettualmente ha un valore collezionistico maggiore, la sua evoluzione in quanto a quotazioni non si distanzia molto e oggi, per un buon esemplare, le richieste sono nell’ordine di almeno 10-12 mila euro. Tanti? Troppi? C’è chi da tempo parla di bolle speculative, soprattutto perché pochissimi anni fa si trovavano alla metà dei prezzi attuali, ma se dovessimo fare una scommessa, ci sentiamo di dire che è molto più probabile che in futuro si vada in zona 15-20 mila euro, piuttosto che vedere prezzi inferiori a quelli attuali.

Un’ultima considerazione: il cuore delle VTR SP venne utilizzato anche dalla Mondial Piega, progetto finito male dal punto di vista sportivo, ma che oggi potrebbe essere una scommessa vincente dal punto di vista collezionistico e come investimento, essendone state prodotte meno di 150.

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