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Ducati Diavel 1260 S - TEST

Abbiamo provato in Andalusia la nuova Ducati Diavel 1260 S. La linea si aggiorna mantenendo la tipica connotazione da power cruiser mentre motore, ciclistica ed elettronica si evolvono profondamente. Ecco come va

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Volumi personali, interasse importante, gommone da 240 al posteriore, sella bassa. Gli elementi che hanno decretato il successo della prima versione trovano conferma nella nuova Ducati Diavel 1260 S, che si lascia condurre tra le curve con una facilità che non ti aspetti spinta dal nuovo Testastretta DVT dalla schiena esagerata.

Com’è fatta

Il legame con la prima Diavel è ben percepibile sin dal primo sguardo. La triangolazione sella-manubrio-pedane è inalterata e la linea viene ancora caratterizzata nella parte mediana dall’imponente serbatoio che lascia spazio sotto di se al voluminoso bicilindrico mentre posteriormente i volumi si alleggeriscono grazie al focellone monobraccio che lascia ammirare sul lato destro lo splendido cerchio il lega che ospita l’imponente Pirelli Diablo Rosso III nella misura anabolizzata 240/45.

L’illuminazione DRL del faro anteriore a ferro di cavallo dona ancora più riconoscibilità all’insieme.

A spingere la nuova Diavel provvede adesso il Testastretta DVT da 1262 cc dotato di fasatura variabile continua lato aspirazione e scarico, una esclusiva di Ducati nel panorama motociclistico.

Trovano ovviamente conferma la distribuzione a comando desmodromico, il raffreddamento a liquido e le quattro valvole per cilindro. All’alimentazione provvedono due corpi farfallati ellittici (eq. 56 mm) mentre l’accensione è gestita per ogni cilindro da due candele.

La potenza massima è pari a 159 cv a 9.500 giri/min mentre la coppia massima raggiunge i 13,1 Kgm a 7.500 giri. Da segnalare rispetto al precedente 1200 un incremento della coppia di circa 1 Kgm nel range tra i 4.000 ed i 7.000 giri ed un parallelo incremento di potenza di circa 10 cavalli.

Il cambio a 6 rapporti è dotato di quick shift bidirezionale mentre la frizione a comando idraulico è dotata di asservimento ed antisaltellamento.

Il fulcro della rinnovata ciclistica è il telaio in traliccio di tubi d’acciaio che sfrutta adesso il motore come elemento stressato. Viene completata all’anteriore da una forcella USD con steli da 48 mm che permette alla ruota un’escursione di 120 mm, mentre dietro fa bella mostra di se un imponente mono con serbatoio separato che agisce sul forcellone monobraccio in alluminio attraverso cinematismo progressivo e garantisce un’escursione alla ruota di 130 mm.

Entrambi gli elementi sono pluriregolabili e firmati dallo specialista Ohlins. L’angolo del cannotto è stato chiuso di un grado (27°) per donare più reattività mentre l’interasse cresce di 15 mm arrivando a quota 1600 mm con l’intento di mantenere la moto stabile anche sul veloce. 

Il peso in ordine di marcia è di 244 Kg.

A frenare la ruota anteriore provvede una coppia di dischi flottanti da 320 mm morsi da pinze Brembo M50 mentre dietro troviamo un disco fisso da 265 mm su cui agisce una pinza a due pistoncini.

L’elettronica si giova dell’introduzione della piattaforma IMU a 6 assi che porta in dote il cornering ABS Bosch, fornendo informazioni utili anche alla gestione del TC, dell’anti impennata, del launch control. L’acceleratore è ride by wire mentre sono tre i riding mode (Sport, Touring, Rain) che influenzano la risposta del motore e l’invasività dei sistemi di ausilio alla guida. In Rain la potenza massima è pari a 100 CV.

Come va

Saliti in sella si rimane piacevolmente impressionati dalla buona ergonomia nonostante l’impostazione di base sia di ispirazione cruiser. Il largo manubrio rialzato si lascia impugnare con le braccia piuttosto distese ma senza eccessi.

La sella è davvero larga, ben sagomata, e nonostante l’ altezza non eccessiva (790 mm) permette alle ginocchia una piega tutto sommato comoda, merito anche del posizionamento moderatamente avanzato delle pedane e delle utili svasature del serbatoio.

Una quadro che risulta adatto anche per gestire la massa della moto nelle manovre da fermo, permettendo un appoggio sempre sicuro con entrambi i piedi (sono alto 1,81).

I primi chilometri ci vedono impegnati su un breve tratto di autostrada adatto ad apprezzare le doti di stabilità di questa bolognese, imperturbabile nell’assetto anche in presenza di rattoppi o spaccature longitudinali dell’asfalto. Sorprende anche come ai 130 non occorra aggrapparsi con troppa irruenza al manubrio, beneficio inaspettato offerto del piccolo ma utile riparo aerodinamico del faro anteriore e dalla conchiglia a protezione del cruscotto.

Abbandonata la costa iniziamo la salita verso l’entroterra andaluso, inizialmente caratterizzato da curvoni a largo raggio. Fin dai primi chilometri, percorsi ad un ritmo appena più che turistico, si rimane sorpresi della facilità con la quale la Diavel sappia scendere in piega richiedendo una partecipazione del pilota piuttosto marginale. Il motore può essere utilizzato proficuamente con rapporti lunghi in virtù della capacità di spingere in modo deciso dai 3.500 giri (si stabilizza dai 2.500 in sesta).

Presa la dovuta confidenza iniziamo ad innalzare il ritmo. Adesso la strada propone curve anche a raggio stretto e l’asfalto garantisce un grip esemplare. Per sfruttare le potenzialità elevate di questa ciclistica iniziamo a partecipare più attivamente alla guida muovendo il busto all’interno della svolta con il doppio beneficio di aiutare la Diavel a chiudere più facilmente la traiettoria ed evitare che troppo presto le padane inizino a grattare sull’asfalto (angolo statico 41°).

In uscita meglio caricare opportunamente l’avantreno per garantire la dovuta direzionalità sotto la spinta incessante del Testastretta. Sia chiaro, l’interasse generoso ed il posizionamento delle masse sono garanzia di controllo, ma le variazioni di velocità che riceviamo ad ogni rotazione della manetta sono tanto importanti da suggerire un atteggiamento sempre attivo per mantenere alto il piacere di guida e ridurre al minimo gli interventi dell’elettronica.

In questi frangenti si apprezza la grande sicurezza in appoggio offerta dal 240 al posteriore mentre i più smaliziati potranno lamentare un leggero comportamento sottosterzante, invero limitato alle fasi di totale completamento con questa ciclistica nelle quali il ritmo impostato si rivela probabilmente più adatto ad una Superbike che alla nostra muscolosissima Cruiser.

Ottimo il comportamento delle Ohlins. La forcella brilla per scorrevolezza, progressività, pur denunciando una taratura di base sostenuta. Il mono è altrettanto efficace, permettendo al pilota di concentrarsi unicamente sull’avantreno tanto è il grado di fiducia riposto.

I freni piacciono tantissimo oltre che per la potenza, assolutamente sovradimensionata per l’utilizzo stradale, per la buonissima modulabilità e la morbidezza all’attacco che permetterà, quando necessario, di proseguire senza timori l’azione decelerante fino in ingresso curva, contando una volta di più sulla bella comunicativa dell’avantreno.

Il Testastretta DVT è da pelle d’oca. Quando si decide di fare sul serio meglio mantenerlo sopra i 4.000 giri, magari scegliendo di guidarlo con una marcia in più per stemperare appena la sua imponente schiena.

Da questa soglia non si avvertono particolari incrementi di coppia, per il semplice motivo che sono già disponibili oltre 11 Kgm, e la voglia con cui questo Desmo scala il contagiri non finisce mai di impressionare. Proprio in virtù della risposta sin troppo pronta nel ride mode Sport ho preferito utilizzarlo nel misto con il (relativamente) più morbido Touring, che rimane un comando diretto, forse anche troppo ai primi gradi di rotazione della manetta. Il sound intorno ai 7.000 si trasforma nel tipico grugnito dei più riusciti bolognesi innalzando ulteriormente l’appagamento sensoriale al manubrio della Diavel.

Una menzione particolare la merita l’elettronica che innalza in modo sensibile la sicurezza attiva (nella nostra prova abbiamo potuto testate il traction control, l’anti Wheeling ma anche il Cornering ABS) mantenendo un livello di invasività ridotto ed una morbidezza di intervento davvero lodevole.

Quanto costa

La nuova Ducati Diavel 1260, nel colore Sandstone Grey, è invendita a 19.990 euro franco concessionario. Per la versione S, disponibile anche in Thrilling Black & Dark Stealth, servono 3.000 euro in più.

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