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Triumph Street Triple R 2013 – "Ribelle con giudizio" – PROVA

A tu per tu con una delle medie naked più riuscita degli ultimi dieci anni. La versione R è al top per equipaggiamento e prestazioni e costa 9.190 euro

Moto - Test: Triumph Street Triple R 2013 – "Ribelle con giudizio" – PROVA

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Il progetto di una motocicletta è un complesso equilibrio di fattori tecnici e componenti che, messi insieme, realizzano fisicamente l’oggetto moto in quanto tale. Progettare e costruire una motocicletta, però, non comporta automaticamente che essa abbia anche delle prestazioni elevate, che sia guidabile o, più banalmente, che sia anche gustosa da guidare. E ciò accade perché c’è un limite oltre il quale i calcoli e la teoria possono poco, e devono giocoforza entrare in campo fattori umani come l’esperienza e la sensibilità, necessari per conferire all’oggetto moto quelle qualità che "si sentono ma non si vedono"… E quando quel fine equilibrio riesce a dare a una motocicletta un quid in più rispetto alle altre, non è affatto scontato che si riesca a mantenerlo nel tempo nei modelli che seguiranno.

Questo preambolo ci serve a entrare in tema con la prova della Triumph Street Triple R, perché siamo sicuri che quando gli ingegneri Triumph si sono trovati davanti alla necessità di rinnovare la Street, che già all’epoca mostrava qualità decisamente valide, hanno avuto un bel grattacapo. E invece a conti fatti sono riusciti a centrare ancora una volta l’obiettivo, visto che la Street Triple 2013 è più leggera, guidabile e prestazionale del modello che sostituisce. Scopriamo insieme il perché, ma prima la consueta disamina dei colori disponibili. La Street Triple R è commercializzata in tre versioni: Phantom Black, Crystal White e Matt Graphite, al prezzo di 9.190 euro franco concessionario. Se volete anche l’impianto ABS disinseribile dovrete aggiungere altri 400 euro.

STREET-FUN
Il primo contatto visivo con la Street Triple R è positivo. La moto appare subito più snella della precedente, grazie soprattutto al codino che si è asciugato parecchio data la sparizione degli scarichi sottosella. L’aver spostato il terminale in basso in posizione "tradizionale" ha portato un generale accorciamento della moto nella vista laterale, e anche il punto di vista anteriore è più compatto per via dei due fanali anteriori, più piccoli dei precedenti. La versione R, con la sua colorazione a contrasto (nera e rossa sulla moto in prova), ha un look più professionale e aggressivo e sottolineato dai filetti rossi sui cerchi e dalla componentistica più raffinata. Sulla moto in prova, inoltre, erano montati anche alcuni accessori a richiesta tra cui: cupolino e puntale sottomotore in tinta, protezioni laterali per il telaio, frecce a led, serbatoio fluido freni in ergal e anche i supporti per il cavalletto posteriore.

Il contatto tattile con la Street Triple R ripropone le stesse piacevoli sensazioni provate in sella alla vecchia versione: l’ergonomia è pressoché la stessa, con seduta abbastanza stretta che permette di poggiare i piedi a terra agevolmente. La sua altezza è di 805 mm, solo mezzo centimetro più alta rispetto alla versione base, una quota che non scontenterà neanche l’utenza femminile. Il manubrio ha larghezza davvero azzeccata: né stretto né ampio ed è posizionato correttamente rispetto al corpo del pilota che si trova solo lievemente sbilanciato in avanti. Il micro-cupolino ha una funzione poco più che estetica e quindi in sella alla Street viaggiare in autostrada non è certo l’esperienza più coinvolgente e appagante. Il passeggero ha a disposizione una porzione di sella discreta e pedane ad un’altezza accettabile, ma la mancanza di un qualsivoglia appiglio robusto cui aggrapparsi (ditemi chi è il matto che al giorno d’oggi affiderebbe la sua incolumità a una cinghietta…) limita gli spostamenti in coppia a brevi gite fuoriporta.

Al primo avviamento il tre cilindri britannico risponde subito con una tonalità garbata, forse un po’ addomesticata rispetto alla prima versione, ma comunque molto personale. In generale tutta la rumorosità meccanica appare ridotta, segno che a Hinckley hanno lavorato negli anni per affinare meccanicamente il propulsore. La nostra prova inizia in città, ambiente in cui la piccola Street se la cava bene, grazie al peso molto ridotto e all’agilità che certo non fa difetto alla tre cilindri britannica. Quando il traffico si fa più intenso, però, il raggio di sterzo ridotto fa ricordare che questa moto comunque condivide i suoi geni con la supersportiva Daytona, e svicolare tra le auto incolonnate non è facilissimo. L’uso cittadino fa subito emergere che l’erogazione del 675 cc si è leggermente addolcita e riempita ai regimi più bassi. Prontissimi i freni, anche se per l’uso quotidiano saremmo portati a scegliere l’ABS optional.

Lasciamo la città per portare la Street su terreni a lei più congeniali. Il misto di montagna è sicuramente il suo terreno preferito, dove subito viene messa in risalto l’agilità estrema della ciclistica. La piccola inglese mostra una comportamento un po’ più rigoroso rispetto alla versione precedente. Il setting generale delle sospensioni è più frenato e la dinamica di guida che ne deriva è più professionale e piacevole. In inserimento di curva si ha la stessa velocità di ingresso del modello precedente, ma a centro curva la ciclistica è ora più precisa nel seguire la linea impostata. L’erogazione più dolce e lineare rispetto al passato forse ha fatto perdere un pizzico di grinta alla Street Triple, ma la ciclistica ringrazia perché anche i trasferimenti di carico in uscita di curva sono meno repentini e anche la tendenza a impennare è stata ridotta. Anche la rapidità nel passare da una piega all’altra è forse leggermente inferiore rispetto al passato, ma il miglioramento in stabilità, e quindi in prestazioni, è tale da compensare ampiamente la minor reattività.

Il tre cilindri di Hinckley riconferma quanto detto poc’anzi: l’erogazione è divertentissima e la potenza a disposizione più che adeguata per divertirsi in qualsiasi frangente. L’allungo è ottimo e il tasso di vibrazioni contenuto, almeno fino a regimi medio/bassi, mentre se si viaggia tenendo il motore verso le zone alte del contagiri, il polso destro finisce per indolenzirsi abbastanza presto.
Tra le note d’uso positive citiamo senz’altro il fatto che, a dispetto di una coda snella e attillata, lo spazio sotto di essa è sufficientemente ampio per stivare un lucchettone ad U o una catena robusta. Tra le note negative va citato l’indicatore di cambiata che nell’uso notturno è davvero fastidioso. Vi consigliamo di regolarlo subito su regimi elevati perché altrimenti alla prima tirata al buio verso le zone alte del contagiri vi ritroverete con cinque led blu che vi sparano negli occhi in maniera decisamente poco educata.

TECNICA: "LEGGERA EVOLUZIONE"
L’evoluzione tecnica con cui la Triumph ha consegnato al mercato le sue nuove medie cilindrate è stata in larga parte dedicata a una generale riduzione di peso che in totale ammonta a oltre 6 kg in meno. Il telaio che è stato progettato per la Daytona 675 e per la Street Triple ha pressoché le stesse forme esteriori di quello precedente, ma è stato riprogettato per ridurne drasticamente il peso ed è ora composto da meno sezioni saldate. E’ leggermente cambiata la sua geometria, l’inclinazione del cannotto di sterzo è ora di 24,1° e la distribuzione dei pesi privilegia maggiormente l’avantreno. Tutto nuovo il telaietto posteriore in lega leggera pressofusa, che sulla versione R è verniciato in un evocativo rosso.
Frutto di un progetto ex novo è anche il forcellone in lega leggera che abbandona la struttura con capriata superiore in favore di una fusione più semplice ma comunque asimmetrica per lasciare spazio per lo scarico sul lato destro. Nel caso del forcellona, la fusione è completamente differente da quella della Daytona che, al contrario, mantiene la capriata di irrigidimento sul lato sinistro.
Sulla Street Triple R è montata una forcella Kayaba a steli rovesciati da 41 mm completamente regolabile (sulla base non è regolabile) e anche l’ammortizzatore posteriore è un Kayaba pluriregolabile (sulla base c’è solo il precarico). Per i freni la Triumph ha installato una coppia di dischi da 308 mm equipaggiati di pinze radiali Nissin a quattro pistoni (flottanti a due pistoni sulla versione base), il tutto governato da una pompa radiale Nissin da 19 mm al manubrio. Standard la scelta dei pneumatici: 120/70 ZR17" davanti e 180/55 ZR17" dietro, su cerchi in alluminio a 5 razze da 3.50 pollici davanti e 5.50 pollici dietro.

Il motore è il conosciuto tre cilindri in linea da 675 cc e distribuzione 12 valvole che ha fatto la fortuna della Casa di Hinckley nell’ultimo decennio. La versione montata sulla Stret, però, non è quella a corsa corta che è stata sviluppata per la Daytona 675 R, ma quella già nota con alesaggio da 74,0 x 52,3 mm in grado di erogare 106 CV a 11.700 giri/min con una coppia massima di 68 Nm a 9.200 giri/min. Come già detto, il tre cilindri in linea è stato rivisto nella mappatura sia per adattarsi al nuovo scarico che per addolcirne ancora l’erogazione, senza nulla perdere, però in termini di potenza massima. Lo scarico appena citato mantiene i collettori primari della versione precedente ma ora si concentra totalmente sotto al motore con un presilenziatore che contiene anche il catalizzatore e un silenziatore di forma vagamente trapezoidale che sbuca accanto al forcellone.

RIBELLE CON GIUDIZIO

A conti fatti la Triumph Street Triple R piace perché ripropone lo stesso spirito irriverente della versione che sostituisce, dalla quale ha ereditato grinta da vendere e personalità spiccata, ma al carattere vivace della prima serie aggiunge una superiore maturità ciclistica e motoristica che ne fa un’ottima scelta per chi cerca un mezzo superdivertente per l’uso di tutti i giorni e per le gite fuoriporta, senza dimenticare che se volete togliervi qualche sfizio in autodromo con questa moto potreste essere in grado di lasciare di stucco più di qualche supersportiva…

Foto: Francesco Attardo

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