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Kawasaki W800 - TEST

Classico moderno. La moto "vintage", per tutti

Moto - Test: Kawasaki W800 - TEST

Pensiamo alla moda. Uomo o donna che sia (ma protagonista è solitamente la seconda), gli stilisti riprendono spessissimo dei particolari degli anni trascorsi, se non addirittura ripropongono uno styling che magari andava dieci, venti o trent’anni fa. Ad esempio, per la donna, primavera/estate 2011, andranno dei colori pastello e vintage da indossare di giorno, e colori più accesi senza esagerare per restare comunque eleganti la sera.
Ecco la parola magica: vintage! Questo stile piace ai giovani, ai quarantenni, e comunque a tutti coloro che sono entrati negli "anta". Insomma, poche chiacchiere, il vintage è il vintage! Questo vale per tutto, dalla moda all’arredamento. Ma ora parliamo di moto e concentriamoci sulla nostra "pusher di emozioni", quell’oggetto che ci fa tanto sognare ed emozionare.
Quest’oggi tocca a Kawasaki calarsi nei panni dell’old style, un segmento che conta per la sola Italia quasi 1.800 pezzi (per il 2010). Se andiamo a vedere i competitors sono due: Triumph Bonneville (1283 moto nel 2010) e Moto Guzzi V7 Classic (426 moto nel 2010). Le classiche piacciono, anche nelle versioni Cafè Racer, e Kawasaki su questo ha storia da vendere.

STORIA

Partiamo dal lontano 1966, quando Kawasaki mise sul mercato la storica W1, una bicilindrica da 650cc quattro tempi che sviluppava 50 CV a 6.500 giri/min. Fu un successo in Giappone, per poi approdare negli USA e successivamente in Europa. Sempre sullo stile, arrivò poi la H1 nel ’69, una 500 cc tre cilindri a due tempi, e poi ancora la mitica Z1 del ’72. Kawasaki, leader tecnologico globale, decise di proporre nel 1999 la W650, una moto classica che rimase in produzione fino al 2007.
Veniamo ad oggi. Per il 2011 Kawasaki ha deciso di rivedere la W650, andando a proporre questo nuovo modello, denominato W800, una moto con il sapore degli anni ’60, ma tecnologicamente attuale. Tre i punti cardini su cui la Casa di Akashi si è concentrata: la bellezza classica, lo stile di guida di una moto con motore a corsa lunga, e le radici storiche della W650.

COM’E’
Esteticamente rimane quasi come la W650, più avanti vedremo cosa cambia, anche a livello tecnico. Il motore è un bicilindrico verticale parallelo SOHC 8 valvole a 4 tempi da 773 cc, con quote vitali 77,0 x 83,0 mm e con rapporto di compressione di 8.4:1. Gli iniettori sono due e a farfalla con diametro da 34 mm. Il cambio è a cinque marce, e la lubrificazione è a carter umido.
Il telaio è un tubolare in acciaio e i pneumatici vedono un 100/90-19M/c all’anteriore, e un 130/80-18M/C al posteriore (Dunlop K81 TT 100 GP). Le sospensioni, una forcella telescopica da 39 mm davanti, mentre dietro trovano posto due monoammortizzatori regolabili nel precarico su cinque posizioni. A frenare i 216 Kg ci pensano un disco da 300 mm all’anteriore e un tamburo da 160 mm al posteriore.

COSA CAMBIA

Se pensate che rispetto alla W650 cambi solo la cilindrata, beh, ora scoprirete che invece Kawasaki ha apportato numerose modifiche. Prima di entrare nello specifico, vi diciamo che le principali variazioni sono sì, sul motore, che aumenta di cilindrata, ma che questi guadagna diversi aggiornamenti. Il telaio è stato modificato, cambia la componentistica e la sella è stata ridotta di 10 mm.

Parliamo del motore: la cilindrata passa a 773 cc, ed il propulsore ora è in alluminio lucidato e con i coperchi cromati (compreso quello del pignone). La distribuzione è ad albero e a coppie coniche, dunque confermata. L’altra modifica importante è l’iniezione elettronica; ora sono infatti previsti i controlli DFI, analoghi agli altri modelli della Casa di Akashi (tempo di iniezione, feef back livello ossigeno...), e la particolarità del controllo della velocità di rotazione della pompa carburante in base al regime di rotazione del motore. C’è un nuovo corpo farfallato da 34 mm di diametro (Keihin), è stata aggiunta una valvola secondaria, e gli iniettori hanno 12 fori particolarmente piccoli per polverizzare al meglio il carburante. Naturalmente tutto "nascosto" e camuffato come se fosse un carburatore, vista la tipologia di moto. Il volano è differente, c’è un sensore della temperatura del motore, della velocità, dell’aria di ingresso, la sonda lambda, il sensore di spegnimento in caso la moto sia inclinata troppo (caduta) e un sensore per la diagnostica. La pompa del carburante è nuova, ed è montata esternamente per consentire un miglior design del serbatoio. I cornetti di aspirazione sono stati allungati da 35 a 122 mm di diametro.
L’albero a camme è differente, ma ha la stessa alzata del 650 (a corsa lunga da 360°), mentre la testa ha tolleranze più strette ed ha nuove sedi valvole. L’alesaggio passa da 72 a 77 mm (senza aumento di peso per i pistoni), e la compressione da 8,6 a 8,4:1. Il motore è calibrato per fornire elevati valori di coppia ai regimi medio-bassi e la coppia massima (60 Nm a 6.000 giri/min) ora viene raggiunta a 2.000 giri/min (prima era di 54 Nm a 4.500 giri/min.). I cavalli passano da 46,92 a 47,6, erogati sempre a 6.000 giri/min..

La frizione è diversa, e ha l’asta in alluminio con le teste in acciaio a garanzia di prestazioni più uniformi (prima era tutto in acciaio). Il rapporto della prima marcia è più corto, mentre la trasmissione finale è stata allungata leggermente. Le forchette del cambio hanno scanalature differenti. Il terminale di scarico ora è dotato di paramarmitta e il catalizzatore ha maggiore capacità in modo da offrire più coppia ai bassi regimi.

A LIVELLO ESTETICO…
… cambia il fregio sul serbatoio, e per il manubrio è stato scelto quello basso (sulla W650 c’era la possibilità di sceglierne uno più alto). Le leve di freno e frizione sono regolabili, rispettivamente su quattro e cinque posizioni. Della sella già ne abbiamo parlato, è più bassa di 10 mm, mentre cambiano anche gli specchi retrovisori. La strumentazione è inclinata diversamente, e le spie luminose sono ora meglio visibili. In foto potrete vedere gli accessori per renderla una cafè racer: cupolino e sella monoposto (mancano però i semi-manubri).
A livello ciclistico la forcella non cambia (il colore invece si), ma troviamo nuove molle a doppia rigidità al posteriore, regolabili su cinque posizioni. Il disco anteriore passa da flottante a rigido, e all’anteriore troviamo il mozzo della VN900. Le pedane ora sono in posizione simmetrica, mentre prima erano in posizione asimmetrica, dato che era prevista la pedalina per l’avviamento del propulsore.

CHIAMALE… EMOZIONI
Quando si prova questo tipo di moto bisogna approcciarsi a questa diversamente, non è una naked, con rispettive buone prestazioni per ciclistica e motore. E’ una moto "classica", quindi si ispira alle moto dell’epoca, ma riviste con la tecnologia moderna. Se pensate di farci "i numeri", non fa per voi.
Ci avviciniamo e notiamo tutti i vari particolari. I blocchetti elettrici sono in stile anni ’70, splendidi, ma manca il tasto "pass". La strumentazione richiama alle auto degli anni ’60, e nel tachimetro è inglobato un LCD con i chilometri totali, parziali e l’orologio. Di aspetto vintage anche la pompa freno, mentre stonano (anche se comodissime), le regolazioni delle leve.
Tante le cromature, ma la verniciatura del serbatoio non convince completamente. La moto è issata sul cavalletto centrale (di serie), e noteremo più avanti che la stampella laterale è un po’ complicata da estrarre.
Avviato il motore, notiamo una silenziosità di scarico sin troppo ovattata. Facciamo entrare il motore in temperatura (altrimenti per i primi metri il minimo sale e scende per conto suo), e inserendo la prima "godiamo" della morbidezza e della modulabilità della frizione. Il cambio ha la corsa un po’ lunga, ma è estremamente preciso, sia con cambiate a bassi regimi, sia quando si "tira il collo" al motore. In città la moto si comporta benissimo, è di una facilità disarmante, e nel traffico ci si muove bene, anche grazie al fatto che si tocca a terra con facilità (manovre comprese al parcheggio). Le sospensioni filtrano bene le asperità dell’asfalto cittadino, ma quando si vanno a tirare i freni si vorrebbe qualcosa di più. Si rallenta… sostanzialmente, visto che il posteriore se si insiste troppo, blocca, mentre l’anteriore richiede forza alla leva. Dobbiamo anche dire che l’impianto non era rodato, ma si vorrebbe qualcosa di più (disco posteriore in primis).
Del propulsore si sfrutta il sottocoppia, snocciolando le marce e sfruttando il "sotto" del motore.

Fuori città vediamo ulteriori pregi e piccoli difetti. Il motore è godibilissimo, e è inutile insistere con la stessa marcia, meglio sfruttare la coppia. Dai 2.750 giri/min. aumentano le vibrazioni, e soprattutto su sella e pedane diventano fastidiose. Per contro, a 130 orari il motore gira più "pulito" e solo le vibrazioni al manubrio sono un po’ fastidiose, causando qualche formicolio di troppo alle mani. La posizione di guida però è azzeccata, comodissima la sella (anche per il passeggero), e il motore è pastoso e veramente godibile se non gli si chiede di fare gli straordinari. Ma del resto non è una moto per correrci, quanto per recarsi al mare, fare il giretto in campagna, andarci al bar la domenica, o utilizzarla semplicemente ogni giorno per andare al lavoro.
Si vorrebbe uno scarico più "vivace" di sound, e la corsa del gas è un po’ lunga. Nel misto stretto è divertentissima, a patto di non piegare troppo, e la precisione direzionale non è male. La versione con il cupolino alle alte velocità non è stabilissima, mentre la versione normale è stabile nei curvoni.

In sostanza la W800 si fa piacere. Il lungomare o lungolago che sia diventa una dolce strada, dove si danza, magari con un casco jet aperto, godendo degli odori della primavera che salgono su per le narici. Si passeggia, mentre i curiosi cercano di capire se si tratta di una moto moderna o cos’altro.
Tanta maneggevolezza, estetica deliziosa e elasticità del motore sono i suoi pregi, mentre i difetti più importanti sono le vibrazioni ai medi regimi e il tamburo posteriore che rende la frenata poco più che sufficiente. Il prezzo? Altino, 8.300 euro chiavi in mano. Buono se si pensa alla Triumph Bonneville, 9.400 euro, allineato con la Moto Guzzi V7 Classic invece, che costa 8.100 euro.


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