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Suzuki GSX-S750 Yugen Carbon – TEST

Meno peso, più cavalli e tanta agilità alla guida per la versione speciale della stradale sportiva di Suzuki

Moto - Test: Suzuki GSX-S750 Yugen Carbon – TEST

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Dopo la Suzuki Yugen Titanium, introdotta sul mercato un anno fa, la casa di Hamamatsu raddoppia, presentando la GSX-S750 Yugen Carbon. Personalizzate con gli stessi accessori, differente invece il materiale utilizzato per la realizzazione dello scarico artigianale, immancabilmente di carbonio per la nuova nata.

Com'è fatta

La base tecnica della Yugen Carbon è quella collaudata della GSX-S750. Il cuore pulsante è rappresentato dal quadricilindrico in linea frontemarcia raffreddato a liquido con quattro valvole per cilindro derivato dalla GSX-R K5, qui con iniettori a 10 fori. Lo scarico SC Project regala al motore circa 4,5 cv, portando così la potenza massima a quota 118,5 CV a 10.500 giri. Il telaio è a doppia trave in acciaio e viene completato all’anteriore da una forcella USD con steli da 41 mm ed al posteriore dal mono lavorato dal forcellone bibraccio. Gli elmenti ammortizzanti, regolabili nel precarico, sono forniti da Kayaba.

A frenare questa naked ci pensano all’anteriore una coppia di dischi flottanti con profilo a margherita da 310 mm sui quali agiscono due pinze Tokico a 4 pistoncini ed attacco radiale. Il disco fisso al posteriore è da 240 mm e viene morso da pinza ad un pistoncino. I dispositivi di ausilio alla sicurezza attiva sono rappresentati dall’immancabile ABS e dal TC, quest’ultimo selezionabile su tre livelli di intervento e disinseribile.  Oltre allo scarico, la versione Carbon viene equipaggiata con cupolino fumè, frecce a led, porta targa in ergal 7075 ricavato dal pieno, copri sella passeggero.

Come va

Abbiamo avuto modo di provare questa Suzuki nelle strade che da Brescia conducono al Lago di Garda. Appena saliti in sella veniamo favorevolmente impressionati dalla buona ergonomia che permette di instaurare subito un feeling diretto. Il manubrio è largo quanto basta per restituire una buona sensazione di controllo. Leggermente rialzato si lascia impugnare con naturalezza mantenendo il busto appena inclinato e caricando a sufficienza gli avambracci per avere sempre il feedback corretto sul lavoro della ruota anteriore. La sella ampia e piatta consente di muoversi liberamente ed ha un’imbottitura sostenuta che premia la guida sportiva. Inevitabile dopo qualche chilometro l’insorgere di qualche lieve fastidio alle terga.

La sella, alta 820 mm mi ha permesso di trovare facile appoggio con entrambi i piedi e di agevolare parecchio le manovre da fermo (sono alto 1,81). Le pedane sono leggermente arretrate e distanti dal piano di seduta quanto basta per mantenere una piega naturale delle ginocchia. Il serbatoio, molto stretto nella parte di congiunzione con la sella, risulta valido alleato quando si alzi il ritmo, rappresentando un valido appiglio per le gambe. Alle basse andature cittadine si apprezza la morbidezza del 4 cilindri e la sua capacità di riprendere dai regimi prossimi al minimo. Solo a titolo esemplificativo si può ruotare completamente l’acceleratore in sesta senza rifiuti dai 1.200/1,300 giri ai quali corrispondono circa 35 Km/h.

La frizione è morbida e modulabile ed il cambio vanta innesti dolci e veloci. La ciclistica si rivela agilissima e l’impegno richiesto per districarsi con autorevolezza nel traffico viene ridotto al minimo. In questo contesto probabilmente si potrebbe preferire un set-up delle sospensioni meno sostenuto, in grado di filtrare adeguatamente le incertezze dell’asfalto cittadino. Ma è fuoriporta che si apprezza a dovere tutto il potenziale della nostra Suzuki. Tra le curve scopriamo una ciclistica se possibile ancora più agile, capace di decifrare istantaneamente il pensiero del pilota senza richiedere in cambio particolare impegno. Proprio in virtù della sua innata volontà di puntare dritta alla corda, meglio non agire con troppa irruenza sul manubrio e casomai agevolare la discesa in piega con lievi movimenti del busto all’interno della svolta.

Le sospensioni limitano fortemente il beccheggio anche nelle ripartenze più convinte permettendo il disegno di traiettorie piuttosto chiuse e veloci. Un beneficio, quello dell’assetto sostenuto, che specularmente permetterà ingressi veloci anche quando ritarderemo la frenata.  A proposito, i due dischi all’anteriore si mettono in luce per una eccellente potenza, buona modulabilità, mentre la morbidezza all’attacco rimane discreta. Sull’asfalto corrugato, soprattutto a centro curva, i piloti più smaliziati potrebbero lamentare una lieve carenza di progressività e scorrevolezza delle sospensioni che determina un abbassamento del feeling soprattutto con l’anteriore. Si tratta comunque di un disagio marginale.

Quando il ritmo sale, meglio mantenere il quattro cilindri sopra i 7-8.000 giri per poter godere di una risposta decisa, e comunque controllabile e mai irruenta anche nei rapporti più corti, ogni volta che si ruoti con decisione l’acceleratore. A questi regimi e fino agli 11.500 giri di strumento il sound di scarico e aspirazione è veramente appagante, contribuendo a rendere l’esperienza di guida ancora più coinvolgente. Da segnalare un lieve effetto on/off. Il cambio si dimostra una volta di più in gran forma e spesso ci siamo trovati ad utilizzarlo senza frizione per salire di rapporto, anche sottocoppia.

Quanto costa

La Suzuki GSX-S 750 Yugen Carbon è disponibile presso la rete dei concessionari ad un prezzo di 9.190 euro franco concessionario, che garantisce un vantaggio cliente, rispetto al costo degli accessori installati, di circa 1.000 euro. Disponibile nelle colorazioni Blu MotoGP, Bianco, Nero/Blu e Nero Mat, quest’ultima ad un sovrapprezzo di 100 euro.

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