Tu sei qui

Honda CBR 600, genesi di un modello indimenticabile

Nata nel 1987, dopo tante versioni apprezzate riceve nel 2013 la sua ultima evoluzione “RR”, rimasta in listino fino al 2017. Ripercorriamo la storia di questo modello

Moto - News: Honda CBR 600, genesi di un modello indimenticabile

Share


Sono passati 32 anni dal debutto della prima Honda CBR600F, la media cilindrata di Tokio che nella sua trentennale carriera ha saputo trasformarsi da eclettica sportourer ad efficace supersport, rimanendo sempre fedele al suo DNA che ha fatto di facilità, comunicativa e prestazioni prerogative uniche ed assai amate dagli appassionati. Nata con la sigla F (fairing, carenatura) e caratterizzata da un’indole assolutamente docile capace di mettere d’accordo gli spiriti sportivi come quelli più turistici, si è quindi trasformata nell’ultimo decennio della sua incredibile carriera in RR, puntando maggiormente alla sportività ed alle prestazioni assolute, riuscendo a vincere il Mondiale Supersport per ben 9 volte. Ripercorriamo le tappe evolutive di questo autentico mito.


1987: Nasce la mamma di tutte le CBR 600


Presentata ad IFMA nell’autunno del 1986, la CBR 600 F si fa notare subito dagli appassionati che ne apprezzano la linea ed i contenuti tecnici. A muoverla è un quattro cilindri frontemarcia di 598 cc (misure di alesaggio e corsa pari a 63x48 mm) 16 valvole doppio albero a camme, raffreddamento a liquido,  alimentato da una batteria di carburatori Mikuni da 32 mm. Le prestazioni sono davvero entusiasmanti per l’epoca. La potenza massima raggiunge 85 cv ad 11.000 giri/min ed una coppia massima di 59,5 Nm a 9.500 giri/min. La ciclistica contempla un solido telaio a doppio trave in acciaio che viene completato davanti da una forcella telescopica con steli da 37 mm di diametro mentre posteriormente c’è un forcellone bibraccio sul quale agisce un monomammortizzatore attraverso cinematismo progressivo Pro-Link. La CBR 600 F è frenata all’anteriore da una coppia di dischi da 276 mm morsi da pinze flottanti a due pistoncini mentre dietro troviamo un disco da 240 mm di diametro e pinza ad un pistoncino. I cerchi da 17” montano pneumatici 110/80 davanti e 130/80 posteriormente. Il passo è di 1.410 mm, ad ulteriore testimonianza della compattezza della media di Tokio ed il peso in ordine di marcia di 207 Kg (serbatoio da 13,5 litri). Caratteristiche di motore e ciclistica ancora oggi, per molti aspetti, patrimonio di moto di pari indole. Le prestazioni per l’epoca erano strabilianti: la velocità massima di oltre 220 Km/h segnava un divario netto tra lei e le dirette concorrenti, prima tra tutte la Kawasaki GPZ600, regina incontrastata del segmento fino ad allora, più lenta di circa 10 Km/h. Ma la nuova Honda si fece apprezzare anche per la facilità con cui si lasciava condurre tra le curve e la stabilità che sapeva dimostrare sui tratti più veloci. Un mix davvero indovinato che era ulteriormente esaltato dalla buona aerodinamica e dall’ottima ergonomia. A confezionare la CBR 600 F ci pensava un abito di stampo sartoriale. I suoi volumi erano infatti sapientemente modellati da una carenatura sigillata che ne è rimasta un tratto distintivo per oltre tre lustri. Nel 1989 è oggetto di diversi interventi che tendono a migliorarne le prestazioni senza stravolgimenti. Il quattro cilindri è equipaggiato con un albero motore alleggerito e riesce a sviluppare 8 CV in più rispetto alla versione precedente anche grazie al rapporto di compressione aumentato da 11 a 11,3:1. Anche la coppia massima viene incrementata, raggiungendo i 63 Nm. Le pinze freno anteriori vengono dotate di 4 pistoncini, mentre debutta sul mercato la versione tricolore rosso-bianco-blu, probabilmente la più evocativa del primo quadriennio.


1991: La consacrazione del mito


Honda crede nel progetto CBR 600 F e lo dimostra nell’autunno del 1990 presentando una versione profondamente rinnovata della sua eclettica media sportiva. Il motore può essere considerato del tutto nuovo, più compatto e più potente, raggiunge la ragguardevole potenza di  100 cv a 12.000 giri/min, ovvero 1.000 giri sopra la precedente versione. Tra le novità spicca anche la batteria di carburatori Keihin a valvola piatta con diffusore da 34 mm. Variano le misure di alesaggio e corsa, ora decisamente più superquadre (65x45,2 mm) e viene aumentato il diametro delle valvole di aspirazione e scarico, mentre il rapporto di compressione sale a 11,6:1. La ciclistica è notevolmente rinnovata, pur conservando nello schema similitudini con la precedente versione, con l’intento di donare maggiore reattività all’avantreno garantendo sempre un’elevata stabilità. Il telaio viene completamente riprogettato, pur rimanendo un doppio trave in acciaio. La forcella guadagna steli da 41 mm di diametro ed è regolabile nel precarico molla (la precedente era ad aria-assistita con sistema anti-affondamento TRAC. Il cannotto di sterzo passa da 26 a 25° (e conseguentemente l’avancorsa scende dai 104 ai 94 mm) testimoniando proprio quella genesi tipica delle sportive dell’epoca rivolta ad accrescerne l’agilità. Anche per questo la nuova CBR viene equipaggiata con pneumatici ribassati (120/60-160/60) che rappresentano un’evoluzione netta rispetto alle coperture precedenti. Il peso diminuisce di 4 Kg. Le linnee appaiono adesso decisamente più affilate e sportive, merito del nuovo cupolino, della carenatura a sviluppo più verticale e del codone più slanciato e, insieme alla felice triangolazione sella-manubrio pedane, rappresentano un connubio ideale tra le esigenze di proiettività tipiche dell’utilizzo turistico e di controllo richieste nella guida più sportiva. Le antagoniste dell’epoca come la Kawasaki ZZ-R600 e la Yamaha FZR600 riescono in alcuni specifici comparti a fronteggiare la CBR ma globalmente la Honda sembra non avere rivali. Alcuni miglioramenti interesseranno le versioni ’92 e ’93 quali il tendicatena della distribuzione, l’albero motore, i cuscinetti di banco e le sospensioni. La forcella riceve la regolazione del freno idraulico in estensione mentre il mono viene equipaggiato con serbatoio separato e permette la regolazione in continuo dell’idraulica in compressione ed estensione. Nel 1995 si rinnova con più convinzione ed arriva il sistema frontale di canalizzazione per portare più aria fresca alla nuova batteria di carburatori da 36 sempre firmati da Keihin. I dischi fissi anteriori vengono sostituiti da una coppia di flottanti da 296 mm mentre la ruota posteriore riceve un cerchio dal canale maggiorato (5” contro i 4,5” precedenti) che seppur confermando le dimensioni degli pneumatici di primo equipaggiamento (160/60), consente nell’utilizzo in pista di ospitare un più prestazionale 180/55. Nel 1997, sotto la pressione delle concorrenti  Yamaha YZF600R Thundercat e Kawasaki ZX-6R, presenti rispettivamente sul mercato dal 1994 e 1995, Honda decide di dare ulteriore vigore al suo 4 cilindri incrementando di  5 cavalli la potenza massima.


1999: il telaio in alluminio


Il segmento delle 600 sportive riscuote un successo commerciale sempre più importante e le Case giapponesi non si lasciano trovare impreparate. Nel 1999 Yamaha svela la sua nuova sportivissima R6, una moto che al pari della sorella maggiore R1 del 1998, segnerà un’epoca. Kawasaki e Suzuki non sono da meno con le loro ZX-6R e GSX600R, moto ormai godibilissime su strada ma anche sempre più adatte all’utilizzo sportivo in pista. Honda non si lascia trovare impreparata, migliorando sotto ogni punto di vista la CBR600F. Il telaio in acciaio viene sostituito con uno splendido doppio trave in alluminio, più leggero di 7 Kg e per darne giusta valorizzazione la carenatura non è più sigillata. Il forcellone viene infulcrato nei carter motore per risultare adeguatamente lungo da garantire trazione anche nella guida sportiva senza incrementare la distanza tra le ruote. Anzi, complice anche la riduzione dell’inclinazione del cannotto di sterzo (24° contro i 25° dell’edizione ’98), il valore dell’interasse perde qualche millimetro arrivando a quota 1.395. La forcella guadagna steli da 43 millimetri ed è completamente regolabile. Motore ancora più superquadro (alesaggio e corsa 67x42,5 mm) con nuovi carburatori da 36,5 mm a valvola piatta. La potenza massima raggiunge i 106 cv a 12.500 giri/min, mentre la coppia massima sale fino a 65 Nm a 10.500 giri/min. Gli pneumatici segnano un passo avanti deciso, crescendo anche nelle spalla ed uniformandosi  al trend del periodo. Davanti troviamo un 120/70 e dietro un 180/55, misure ancora oggi utilizzate. Tutti interventi che innalzano le doti dinamiche della CBR continuando a donarle la proverbiale facilità e comunicativa. Probabilmente in pista non sarà la più veloce in assoluto, ma ai tanti entusiasti piace proprio per la naturalezza con la quale si lascia condurre, e per il suo spirito eclettico che permette di utilizzarla ovunque con soddisfazione, dal traffico cittadino, alla gita fuoriporta, dal viaggio con passeggero  alle smanettate tra i cordoli. Unico piccolo appunto riguarda una leggera indecisione nell’erogazione ai medi regimi. Sbavatura che viene corretta con l’edizione 2001 dotata di sistema di iniezione elettronica PGM-FI con corpi sfarfallati da 38 mm, che porta in dote anche un incremento di potenza massima che sale fino ai 110 cv. Cambia anche il frontale con un nuovo gruppo ottico a doppia parabola che ne accentua ancora di più lo spirito sportivo ed elegante. Viene anche lanciata la versione Sport che presenta diverse modifiche al motore per aumentarne l’efficienza soprattutto nell’uso in pista. Gli interventi riguardano tra l’altro una minore alzata delle valvole di aspirazione, una fasatura di distribuzione dedicata e la rapporta tura finale più corta. La moto si laurea campione del mondo Supersport con Fabien Foret nel 2002.


2003: Arriva la RR


Il segmento delle quattro cilindri sportive di media cilindrata con l’inizio del nuovo millennio sembra abbandonare la sua natura più amichevole e turistica per incrementare prestazioni e guidabilità al limite. Se la R6 da questo punto di vista è stata un precursore, sono state sufficienti un paio di stagioni o poco più perché Suzuki e Kawasaki corressero ai ripari con le loro GSX600R del 2001 e la Ninja 636ZX-6R che sull’altare di una curva di coppia più ricca ai medi gioca la carta dell’innalzamento di cilindrata per la versione non dedicata all’omologa Supersport. Honda rilancia, presentando nel 2003 la sua prima CBR600RR. Una moto che nelle linee e per alcune soluzioni tecniche ricorda da vicino al RC211V vincitrice in MotoGP con Valentino Rossi. Da una prima analisi si rimane quasi disorientati dall’imponenza del forcellone in alluminio, un’opera d’arte nel suo genere che ingloba l’attacco superiore del moto. Una soluzione mutuata proprio dalle corse e che libera spazio sottosella necessario per ospitare il serbatoio, e lasciare spazio ad un ampio airbox posizionato sopra in motore proprio dove solitamente si trova in serbatoio. Vengono dichiarati 114 cv a 13.000 giri/min, con un allungo capace di arrivare a quota 14.000. L’iniezione elettronica con corpi farfallati da 40 mm è piuttosto sofisticata prevedendo 4 iniettori supportati da altrettanti iniettori secondari che hanno il compito di arricchire la miscela aria/benzina ai regimi di rotazione più elevati. Nonostante lo scarico alto limiti in parte i benefici del progetto rivolti all’accentramento e riduzione delle masse, in pista la nuova RR se la cava benissimo, vincendo nel 2003 e 2004 il mondiale Supersport con Vermeulen e Muggeridge. Nel 2005 riceve miglioramenti al telaio ed alle sospensioni. All’anteriore debutta una forcella USD completamente regolabile con steli da 41 mm. I dischi anteriori aumentano il diametro (310 mm) e vengono morsi da nuove pinze ad attacco radiale. Il motore guadagna 3 cv di potenza massima. Una costante miglioramento di un progetto nato bene che le permetterà di vincere il campionato del mondo Supersport anche nel biennio 2005-06. Nel 2007 la CBR600RR riceve un importante rivisitazione del progetto volta ad incrementarne ulteriormente le prestazioni. Il motore raggiunge i 120 cv ad un regime di 13.500 giri/min e perde 2 kg rispetto all’unità precedente (il peso a secco raggiunge i 155 Kg). Non meno importanti le modifiche alla ciclistica che consentono una riduzione dell’interasse di 22 mm a fronte di un incremento della lunghezza del forcellone di 5 mm, con l’obiettivo di incrementare la trazione migliorando ulteriormente la maneggevolezza. La versione 2009 verrà ricordata soprattutto per l’introduzione del sistema ABD si tipo combinato, una novità assoluta per il settore. Honda continuerà ancora a vincere nel mondiale Supersport nel triennio 2006-08. L’ultima evoluzione di questo incredibile modello risale al 2013. Le modifiche riguardano la carenatura, con particolare accento sul cupolino che riceve due nuovi fari separati da una presa dinamica per l’aria di dimensioni generose. I cerchi in alluminio a 12 razze riducono ulteriormente il valore delle masse non sospese. Nuovo il forcellone su cui agisce attraverso sistema progressivo Pro-Link un monoammortizzatore  che mantiene il punto di attacco superiore svincolato dal telaio. L’interasse è ulteriormente ridotto, toccando i 1.373 mm. Il motore conferma la potenza di 120 cv ma adesso può vantare l’omologazione Euro3. Il canto del cigno agonistico arriverà nel 2014 con l’ultima vittoria del mondiale Supersport.

__

Articoli che potrebbero interessarti