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Honda RC30, il mito spegne 30 candeline

Arrivata in Europa nel 1988 definì i nuovi standard delle sportive e ne diventò la regina

Moto - News: Honda RC30, il mito spegne 30 candeline

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Già dalla sua presentazione, avvenuta al Salone di Londra del 1987 la VFR 750 R, rubò la scena: tecnologica, affascinante proprio come una moto da GP ma omologata per la circolazione su strada. Un sogno che all’epoca costava caro: 22 milioni di vecchie lire, ben 10 in più della gemella “stradale” VFR 750 F. Una moto che divenne famosa con la sigla RC30, perchè “RC” erano le lettere che identificavano i progetti del reparto corse Honda, che l’aveva originariamente sviluppata, e che ancora oggi è considerata da molti la sportiva più bella mai realizzata. E se perfino nel tempio delle endurance, l’Isola di Man, pochi giorni fa Carl Fogarty e altri campioni le hanno dedicato una parata per i suoi 30 anni, è perchè la quadricilindrica di Tokyo ha lasciato un segno indelebile. Scopriamola meglio insieme.


Il motore


Nonostante condividano buona parte del nome, i motori che equipaggiano la VFR750R e VFR750F sono molto diversi. Il propulsore della RC30 è sì un V4 inclinato di 90°, ma ha una distribuzione a cascata di ingranaggi e un manovellismo che passa da 180° a 360° per mettere a terra 112 CV di potenza e una velocità massima dichiarata di 255 km/h. Le misure di alesaggio e corsa rimangono le stesse della F, ma i materiali utilizzati, il titanio su tutti, rendono il motore leggero e all’avanguardia. Chi voleva “lavorare” sul motore, impossibilitato ad intervenire sulle teste a causa delle dimensioni degli ingranaggi, poteva contare sul kit HRC, con due stage: Base, per endurance e Superbike e TT F1, con pistoni ad alta compressione, entrambi compatibili con una serie di altre parti.


La ciclistica


Honda RC30 fu la prima moto ad essere dotata con forcellone posteriore monobraccio in lega leggera, un dettaglio di pura avanguardia per i tempi. All’anteriore venne installata una forcella teleidraulica da 43 mm regolabile in estensione e compressione. Sospensioni che mettevano “a terra” una coppia di ruote da 17” e 18”, con doppio disco flottante da 310 mm con pinze a 4 pistoncini davanti e un disco singolo da 220 mm.  Il tutto ancorato ad un telaio a doppio trave superiore a sezione esagonale in alluminio.Un peso a secco di 185 kg e il look da GP con il doppio faro tondo incastonato al cupolino la rendevano il non plus ultra del suo segmento.


I successi in pista 


Non ha avuto lunga vita in pista la RC30, dovendosi arrendere al dominio Ducati, ma dal 1988 al 1990 ha vinto praticamente di tutto: Mondiale Superbike, Mondiale F1, Vol d’Or, Tourist Trophy, AMA Superbike, e 8 Ore di Suzuka, senza contare i vari trofei nazionali Superbike. Oggi è una moto ricercatissima, visto che la produzione si è fermata a 3.500 esemplari, di cui 1.000 venduti in Giappone. Da poco ne sono state scoperte 3 con il contakilometri ancora a 0, chissà la vendita che cifre raggiungerà. 

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