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Yamaha R1: dalla "vipera"a Valentino

Presentata nel 1997 ha fatto breccia nel cuore di tanti motociclisti. Apprezzata per un design sempre innovativo e le forti emozioni di guida

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Poche sono le "dinastie" che nel mondo delle due ruote sono state capaci di accendere l'animo degli appassionati. Moto e modelli che pur evolvendosi negli anni, sono riusciti a mantenere intatta quell'aura di oggetto quasi mistico, a cui basta solo il nome per animare discussioni e confronti accesi tra i motociclisti. La "saga" della R1 è certamente tra queste. Fin dalla sua presentazione sui mercati alla fine degli anni '90, si è saputa ritagliare una grossa fetta di estimatori in tutto il mondo coinvolgendo tante generazioni di motociclisti.


1997: arriva la bomba


Ai saloni autunnali di quell'anno la Yamaha, che stava vivendo un periodo di forte appannamento sul fronte delle maxi sportive dopo l'epoca della FZR, con la poco apprezzata Thunder Ace, tirò fuori dal cilindro la YZF-R1. La nuova "maxi" tagliava di netto con il precedente modello e fu una moto decisamente di rottura, non solo con il passato di Iwata, ma anche nei confronti delle proposte all'epoca sui listini della concorrenza, soprattutto giapponese. Piccola, aggressiva, con il design di Kunihiko Miwa che ancora oggi la rende oggetto ammirato nelle forme e per il quale si guadagnò l'appellativo di "Vipera", dovuto al quel muso piccolo e puntuto con i due "occhi" larghi ed aggressivi. Caratteristiche principali erano una cavalleria di 150 CV a 10000 giri per 11 kgm di coppia a 8500 giri, abbinati ad un peso dichiarato di 177 Kg. Ma quello che ne fece un vero oggetto di culto, ed ancora oggi ricordata, era l'erogazione brutale del suo quattro cilindri 20 valvole. Caratteristica che ben presto gli fece guadagnare la fama di moto indomabile. Era davvero un brutto affare per molti sfruttarne le prestazioni, anche i più scafati faticavano a mantenere incollata sull'asfalto la ruota anteriore. Questo soprattutto per le sospensioni affatto adeguate all'esuberanza di coppia del suo "4 in linea", con una forcella da 41mm tutt'altro che all'altezza, ed un mono sottodimensionato. Anche il telaio, pur mostrando una bella distribuzione di pesi soffriva un po' in fatto di rigidezza. Nonostante questi limiti, il fascino era idiscutibile, e per molti è rimasta lei la vera R1: la "bestia".


2002: nuove linee e l'iniezione


Dopo qualche affinamento alla carrozzeria, ma soprattutto al motore (con diversi agiustamenti e con diverso albero a camme introdotto nel '99), nell'ottica di renderlo più docile e fruibile a tanti, nel 2002 arriva la prima svolta: la YZF-R1 abbandona la strada dei carburatori per un più efficiente sistema di iniezione elettronica. La moto, pur mantenendo lo stile inconfondibile della R1 prima serie, vede una carena ora più snella, un codone con stop a LED incorporato ed un nuovo telaio, più rigido, e con il motore ruotato di qualche grado in avanti per rendere l'avantreno più stabile. La potenza sale leggermente, con i cavalli dichiarati ora a quota 152 a 10500 giri, con il peso che scende a 172 Kg. Cambia la forcella, ora da 42mm e dotata di idraulica più raffinata. Questa versione è ricordata probabilmente come la più efficace nell'utilizzo stradale, con un'erogazione piena e regolare, senza i picchi della versione a carburatori. Qualche punto in meno in fatto di appeal, ma indubbiamente fu un bel balzo in avanti in fatto di sfruttabilità alla portata di tutti.


2004: nata per la pista


Dopo gli anni delle 750, il mondiale SBK apriva le porte alle sportive da 1000cc. Una scelta dettata, come lecito attendersi dal campionato per derivate di serie, da motivi commerciali, dato che le 1000 erano le sportive più in voga su strada. La Yamaha non si fece trovare impreparata e tirò fuori una YZF-R1 completamente riprogettata: telaio, motore, e linee erano tutti nuovi. Il doppio trave Deltabox non sfrutta più il motore come elemento stressato e vede aumentare la sua rigidità del 30%. Deciso il balzo in termini di potenza, con la cavalleria che sale a 172 CV a 12.500 giri. Scende ancora il peso dichiarato, ora sulla bilancia la R1 segna 172 Kg a secco. Questa versione si distingue , oltre per una linea riuscitissima, anche per la soluzione del doppio scarico sottocoda. Affilata come un rasoio, dotata di una guida decisamente più sportiva, soffriva per la scarsa coppia ai bassi regimi dato il motore con misure più superquadre dei precedenti. Potenza sì, ma sacrificando l'erogazione ai bassi. Nel 2006 arriva anche una versione SP con parti in magnesio e sospensioni Ohlins. In pista con Noriyuki Haga, fu grande protagonista in SBK nel 2005.


2007: addio alle 20 valvole


Svolta epocale in casa Yamaha: dopo 20 anni si passa al motore 16 valvole. Una soluzione che consente una camera di scoppio più compatta a vantaggio di una migliore combustione, oltre a regalare maggiore efficienza meccanica grazie alle minori perdite. La potenza dichiarata è di 180 CV. Oltre a questo, la nuova R1 adotta la soluzione dei cornetti a geometria variabile el'acceleratore con sistema YCCT, cosa che migliora di molto la corposità a medi regimi. Migliorato l'impianto frenante, uno dei punti deboli cronici della R1 con pinze ora a 6 pistoncini e dischi da 310 mm. E' da molti riconosciuta come forse la migliore R1 di sempre, per l'equilibrio tra guidabilità e prestazioni del motore.


2009: il primo 'crossplane'


Altra novità, stavolta nella parte bassa del motore: con il my 2010 arriva l'albero motore a "croce" soluzione che punta a regolarizzare i picchi di coppia rendendo l'erogazione ancora più robusta in basso. La sequenza di scoppio è ora di 0°-270°-180°-90° ed il sound che ne deriva è simile a quello di un V4 di 90 . Rivista completamente rispetto al modello precedente, la R1 a scoppi "irregolari" pecca però per una linea poco riuscita, con due grossi silenziatori che la rendono goffa al posteriore. Sale la potenza massima (182 CV) ma anche il peso, sopra la media a quota 206 Kg. Nonostante qualche intoppo per le prestazioni su strada, in pista vola. Con Ben Spies si aggiudica il mondiale 2009 SBK.


2015: nel segno di Valentino


Ancora una rivoluzione. La svolta è di quelle decise. Svanisce il muso caratteristico (nella 2009 i fari erano replicati dalle prese d'aria) e tutta la linea è rinnovata. Arriva la carena M1 style, che ricalca nelle forme la MotoGP di Valentino Rossi. Il motore resta crossplane ma lo scarico ora torna in basso. La potenza raggiunge quota 200 CV a 13000 giri/min, e il peso in ordine di marcia cala a 199 kg con il pieno. L'elettronica si avvale ora di una sofsticata centralina che si interfaccia con una piattaforma inerziale IMU a 6 assi, con 3 giroscopi e 3 accelerometri. Questo per gestire in tempo reale controllo su trazione, impennate e potenza del motore erogata in base ai movimenti in fase di rollio e beccheggio della moto. Arriva anche una versione più raffinata, la R1-M dotata di sospensioni Ohlins a controllo elettronico

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