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Bimota Tesi: la storia della moto con il forcellone davanti

Dal 1983 è un'icona di tecnologia ed esclusività su due ruote, una moto difficile da capire ma facile da amare

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Bimota Tesi, un nome storico per il motociclismo italiano eppure limitato alla cerchia di veri appassionati, quelli che non apprezzano l'esercizio tecnico oltre le vere prestazioni e l'oggettivo valore estetico. Tesi è un progetto nato dagli studi di Pierluigi Marconi, un giovane laureando d'ingegneria che decise di sviluppare il progetto iniziale di sospensione anteriore con sterzo nel mozzo dell'inglese Joe Difazio per la sua tesi (da qui il nome) e reso reale dalla emergente Bimota nel 1983, con presentazione al Salone di Milano in fase prototipale.


La nascita del forcellone anteriore 


È così che si cominciò a parlare della Tesi, una delle più rivoluzionarie moto sportive mai realizzate, tecnologicamente avanzata quanto esteticamente anticonformista, grazie a una serie di soluzioni che l'hanno resa uno dei "casi" per tutti gli ingneri e designer del mondo negli anni a venire. 
Il prototipo dell'83 aveva un'estetica molto personale e la versione embrionale del forcellone anteriore con sterzo nel mozzo denominato Dive Control System (DCS). Wikipedia, in questo caso, spiega meglio di chiunque altro il funzionamento dell'innovativo sistema: "Un primo pistone collocato sul lato sinistro della ruota riceve una spinta da un secondo pistone posto al di sotto del manubrio. Quando il pilota gira lo sterzo a destra, il pistone ad esso collegato spinge il fluido all'interno di una prima tubazione verso il pistone della ruota, comprimendolo. Quando il pilota gira il manubrio a sinistra, il pistone dello sterzo spinge il fluido in una seconda tubazione, provocando l'estensione del pistone della ruota". Il motore era preso in prestito da una Honda VF400F e il cupolino nascondeva il faro quadrato dietro l'ampio plexiglass fumè. Le linee sfuggenti e morbide erano qualcosa di realmente futuristico. 


1D, il dado è tratto


L'interesse degli addetti ai lavori fu grande e negli anni a seguire ci furono diversi esperimenti di moto da gara per lo sviluppo del DCS, uno con motore VF 750 F (1985) e uno con Yamaha 750 FZ (1987), che portarono all'abbandono del sistema di comando idraulico in favore di rinvii meccanici tramite aste. Nel 1988 si decise di utilizzare un motore bicilindrico Ducati 851 ed ecco che prese forma la moto che stupì tutti al Salone di Colonia del 1990: la Tesi 1D
Non fu soltanto il suo sterzo nel mozzo a far innamorare gli appassionati di tecnica, ma anche il suo raffinatissimo telaio a omega e la carena monoscocca che abbraccia tutta la moto, dal cannotto di sterzo alla punta estrema del posteriore. Il suo design divenne iconico e porta la firma del genio della matita italiano Massimo Tamburini, già socio fondatore di Bimota e massimo esponente del design italiano legato all'automotive. Nella prima versione con motore 851 erogava 102 CV a 9500 giri/min su 188 kg, nella seconda il motore fu portato a 906cc e 113 CV a 8.500 giri/min.
Non era una moto da grandi numeri ma riservata a una nicchia di invasati cronici, amanti del prodotto esclusivo e della tecnologia. La stessa Bimota aveva tutte le ragioni per non puntare in alto, per gli elevati costi di produzione e per l'artigianalità del progetto quasi impossibile da convertire in catena di montaggio industriale.


2D, il compromesso e la rinascita


Gli anni passarono ma il mito rimase intatto. Si alternarono le versioni speciali ER e ES (disegnata da Giorgetto Giugiaro), differenti per estetica e contenuti tecnologici, poi la 400J esclusiva per il Giappone (50 esemplari) e la 1D Folgore Bianca, estremizzazione estetica realizzata in sole 30 unità. Per anni non fu replicata alcuna versione, vuoi per la crisi del motociclismo italiano e vuoi per la realizzazione di progetti poco azzeccati come la Mantra, la V-Due 500 e il tentativo di sfondare in SBK con la SB8K.
La vera opportunità di rispolverare la Tesi arrivò dopo diversi anni, nel 2002, quando un tale Ascanio Rodorigo presentò una creatura inedita con una ciclistica chiaramente ispirata alla 1D, la Vyrus. Rispetto alla moto originale ha un'estetica essenziale, senza carena e senza fronzoli inutili, con la meccanica raffinata finalmente a vista. In più, Rodorigo ha evoluto il progetto della sospensione anteriore e il monobraccio ora ha l'angolo di sterzo variabile e un comportamento più progressivo e meno reattivo. Bimota prese al volo l'occasione e stipulò un accordo con Vyrus, rimarchiando la moto con motore Desmodue e chiamandola ufficialmente Tesi 2D, mentre il produttore indipendente continuava a realizzare la moto ma con motore Desmoquattro.
La Tesi è rinata sotto una nuova stella e con una nuova missione: essere la sportiva più leggera (solo 150kg) e singolare sul mercato. Quello che non c'è non si rompe... e non aggiunge chili inutili. 


3D, arrivano i tubi


Benchè il progetto non fu originario di Bimota, fu comunque ben accolto dagli appassionati e i prezzi esorbitanti non fermarono collezionisti e ricchi motociclisti. La tesi era tornata con un discreto successo e meritava una nuova versione a distanza di diversi anni dal debutto della 2D. Nel 2006 fu presentata a Milano la 3D, sviluppata internamente da Enrico Borghesan e forte una nuova estetica e una sospensione anteriore profondamente rivista.
Ora non è più pressofusa in alluminio ma ha un traliccio di tubi simile a quello posteriore, che si mischia al telaio a omega in modo decisamente inedito ed esteticamente appagante. Lo stile è ripreso dalle moto del rilancio del marchio, DB5 e Delirio, ma mantiene una forte persionalità e il bicilindrido Ducati Desmodue. La 3D è una moto tutt'ora prodotta, nella sua ultima versione Naked con manubrio alto (tutte le precedenti avevano i semimanubri) e sella per il passeggero. All'EICMA 2015 si è vista anche una Tesi 3D RaceCafe


La Tesi ha un fascino difficile da decifrare


La Tesi non è una moto vittoriosa nelle gare, non è un modello che ha venduto milioni di esemplari nel mondo e non è un progetto che ha scatenato una rivoluzione tecnica in larga scala o una moda. Tesi è una moto fatta da appassionati per gli appassionati, nata senza un piano marketing ed economie di scala, ma per offrire qualcosa di unico e tecnologicamente affascinante. C'è chi non spenderebbe mai tutti quei soldi per una moto "che non si capisce qual è il davanti e qual è il dietro", e chi potrebbe fare carte farse per poterla guardare dentro il proprio garage tutti i giorni. Tesi è anche quell'emozione difficile da spiegare, quella che fa rimanere senza parole alla domanda "ma cosa ci trovi di bello?", per paura di passare per uno che si è bevuto il cervello. 


 


 

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