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Triumph Tiger: passi dolomitici che passione

Più di 3.500 Km, su e giù per le montagne, a caccia di curve con la Tiger 800 XRx

Moto - News: Triumph Tiger: passi dolomitici che passione

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Quando si dispone di una enduro stradale come la Triumph Tiger 800 XRx basta solo tirare i dadi e scegliere dove andare, non importa il luogo di partenza, che nel nostro caso era Roma. Pari, verso Nord. Dispari, verso Sud. Stringiamo il pugno, soffiamo all’interno della mano come ci hanno insegnato da bambini e lanciamo i dadi in una scatola: pari, direzione Nord. Beh, le scelte sono tante ma il paradiso dei motociclisti è solo uno. Quale? Il Patrimonio dell’Umanità secondo l’UNESCO, le Dolomiti, ovviamente! Paesaggi mozzafiato, nastri di asfalto perfetti, popolazione disponibile e cordiale e chi più ne ha più ne metta. Un giro di telefonate, prenotiamo l’albergo vicino Salorno e andiamo ad affrontare una prima trasferta, che si rivelerà un suicidio per via del meteo. Già, Giove ci accompagnerà per tutti i 3.500 Km percorsi… o quasi. Ecco dunque il primo consiglio: in tema meteo, sono vivamente consigliati i mesi di giugno e luglio e... abbigliamento tecnico rigorosamente waterproof!


Relax di coppia: in doccia? Quasi...


La partenza da Roma, sotto il diluvio, appena svegli, fa rimpiangere di non aver scelto un "Last Minute" verso il mare ma, i dadi hanno sentenziato e la cleromanzia non va mai sfidata! Fino a Foligno percorriamo la Flaminia e apprezziamo il tre cilindri, ricco di coppia, che porta fuori con grinta dalle curve (non gli importa che si sia in due e carichi come dei muli!), per poi girare in direzione Perugia, fino a raggiungere Betolle in provincia di Siena. Qui, un temporale ci fa optare per la “triste” (e monotona) autostrada, attraversando addirittura nuvole e banchi di nebbia sugli appennini, fino a Sommacampagna, dove le falene prendono il posto delle gocce d’acqua. Qualcosa di incredibile e mai visto; miliardi di insetti, che si spiaccicano ed esplodono sul parabrezza regolabile e decisamente protettivo della moto. È già notte, la stanchezza si fa sentire e, soprattutto, l’applicazione meteo delo smartphone ci mostra il sole per la giornata di domani. Decidiamo per uno stop strategico a Brescia, sperando che la tecnologia abbia ragione.


L’indomani la nostra stella splende (sarà l’unica intera giornata di sole di tutto il viaggio!) e percorriamo la Valsabbia fino al Lago di Idro, letteralmente “occupato” dagli olandesi in ferie, popolo che pare apprezzi questo bacino di origine glaciale. Continuiamo verso nord, fino ad entrare finalmente in Trentino dove il Lago di Molveno brilla, riflettendo sulle sue acque verdi il Gruppo del Brenta. Siamo oltre gli 800 metri sul livello del mare, il “profumo” del verde e l’aria pulita entrano nei polmoni e lo smog delle grandi città è solo un pessimo ricordo. Optiamo per una "tappa panino" mentre invidiamo i turisti del Lido che si godono il sole in costume: la cordura addosso in questi casi è meglio di una tuta dimagrante in neoprene. Proseguiamo per Andalo e, giunti a Maso Milano, giriamo a destra in direzione della SS12 (fate attenzione, la viabilità è stata rivista, la segnaletica è imprecisa e a detta dei locali stessi loro all’inizio faticavano ad orientarsi), strada ad alto scorrimento che porta fin su al Brennero. Siamo in piena Val di Non e, lo ammettiamo, tra mele, grappa e vino non sappiamo cosa scegliere. Giungiamo in albergo a 10 minuti di autostrada e… andremo a letto molto presto: vi lasciamo immaginare tra le tre prelibatezze sopracitate chi ci ha conquistato!


Passo dopo… passo


Non ci sono dubbi, l’Alto Adige è un giardino-vigneto tra i più belli e curati d’Italia; tra i vari rossi di pregio, la serata ha visto come protagonista uno dei vitigni autoctoni più antichi della zona, la Schiava. Il suo rosso rubino ci ha letteralmente conquistati. Poche chiacchiere, la colazione è sicuramente più tranquilla, grazie alle tipiche mele, colte dall’albergatore prima del nostro risveglio appositamente per noi. "Una mela al giorno…" e partiamo in direzione Nord, per abbandonare dopo pochi minuti la SS12 in direzione Montagna, per la SS48, nastro che sale e che, curva dopo curva, ci mostra gran parte della Val di Non, dove l’Adige scorre sornione, scivolando verso Sud. In una manciata di chilometri arriviamo a Predazzo, uno dei centri principali della Val di Fiemme dove, nella piazza centrale, è possibile visitare il Museo Geologico delle Dolomiti. Proseguiamo per la SS48, che da qui diventa spesso trafficata, e raggiungiamo Canazei, in Val di Fassa. Qui sicuramente l’inverno è protagonista, viste le piste di sci di discesa e lo scialpinismo, ma anche l’estate offre possibilità infinite quanto a escursionismo, alpinismo ed in questi ultimi tempi di tutto e di più per gli appassionati di Mountain Bike.


Il sole ci accompagna ma l'asfalto, purtroppo, è bagnato. Il primo obbiettivo è il Passo del Pordoi, sito a 2.239 metri, protagonista per ben 37 volte al Giro d’Italia, come punto di arrivo. Collega Canazei con Arabba ed in vetta gli appassionati di camminate troveranno la funivia che raggiunge i 2.950 metri, un “passaggio” per arrivare al Piz Boè, la cima più alta del Gruppo Sella, mentre per gli amanti della storia, non può mancare una visita al Cimitero Militare tedesco, dove si trovano oltre 8.500 persone cadute nella Grande Guerra.
Inizia a piovere di brutto, le temperature calano e proseguiamo per Arabba, per poi risalire per il Passo di Campolongo dove non riusciamo nemmeno a fermarci per via dell’ira del caro Giove. Ogni goccia pesa una tonnellata e batte sul casco, sconsigliando eventuali scatti fotografici. Giungiamo dunque a Corvara in Badia sempre percorrendo la SS244. Siamo nel cuore delle Dolomiti ma di sangue nelle nostre vene, visto il freddo ed il vento, ne passa gran poco.
Prendiamo la SS243 fino ad arrivare a Passo Gardena ad un’altezza di 2.121 metri. Non piove, ma le nuvole coprono il Gruppo del Cir, dei picchi semplicemente spettacolari dove si trovano anche due strade ferrate. Inizia nuovamente a piovere, le giacche sono zuppe ma gli occhi continuano ad inviare input al cervello: foreste, piante, fiori che colorano i paesi come un arcobaleno, cime che toccano il cielo, le tipiche case in legno che sembrano sorridere e guardare dall’alto i nostri grattacieli che, dell’altezza e del cemento… non se ne fanno proprio niente. Qui è il paradiso e lo sarebbe ancora di più se l’asfalto fosse asciutto. A livello psicologico c’è l’ABS ed il controllo di trazione che ci fanno stare tranquilli e che, fortunatamente, non verranno mai in soccorso. La nostra “Tigre”, a cuccia, ci porta a spasso a bassissimi regimi con una regolarità spaventosa. Non si “lamenta” mai, nemmeno quando siamo con uno o due rapporti più alti.
A Plan de Gralba voltiamo a sinistra per la SS242, cessa la pioggia e raggiungiamo, in un attimo, uno dei passi più belli dell'intero arco alpino: Passo Sella. Siamo a 2.240 metri sul livello del mare, il freddo è intenso ma la vista ci scalda come un bicchiere di vin brulè. Non ci sono parole per descrivere il paesaggio, se non quelle del silenzio. Chiunque arrivi qui, spegne il motore e rimane per lunghi istanti senza proferire parola. I più coraggiosi ciclisti arrivano quassù: il Passo Sella è infatti stato per ben due volte la cima Coppi, ovvero il punto più alto da dove è passato il Giro. Paonazzi sul volto, con i muscoli delle gambe che esplodono, ci osservano per dei soli istanti e leggiamo nei loro occhi frasi come: “Con il motore siamo capaci tutti! Faticoso eh! Io ci ho messo 20 volte il tempo da te impiegato, ma vuoi mettere…”. E come dargli torto? Ma a noi motociclisti poco importa; uno perchè spesso siamo anche ciclisti e due perchè il senso di libertà che proviamo è forse pari se non superiore. Un ultimo sguardo alle cime e la pioggia riprendere a martorizzarci. Riscendiamo verso Canazei, dove qualche lungo rettilineo ci permette di apprezzare una miriade di strade bianche che fanno gola a chi il bitume lo vede solo come un “semplificare e ammorbare” certi tragitti. Arrivati in paese procediamo nuovamente verso Predazzo per arrivare in albergo dove consumeremo tutta l’acqua calda lasciata da un pullman di turisti tedeschi che già avevano finito la cena al nostro arrivo.


Passo Falzarego: Ich liebe dich!


Con gli occhi ancora impastati apriamo la persiana: nebbia! Ma no… poco male, solita scena, ciabatte, colazione (stavolta con un panino allo speck per “ammazzare” la tristezza data dal meteo…), tuta e via. La moto è bagnata, giriamo la chiave e la strumentazione al check ci mostra la lancetta rossa del contagiri che tocca la zona rossa. Beh, “chissenefrega” (la lasciamo appositamente tutta attaccata), avviamo il motore e scendiamo verso valle per prendere la solita SS12 e arrivare nuovamente a Predazzo. Ancora Canazei, Passo del Pordoi per “scaldarci” un attimo e, arrivati ad Arabba, l’asfalto finalmente si asciuga. Continuiamo dunque per la SR48, una strada che grazie a dio è “infinita”, un tripudio di tornanti e tornantini dove con un supermotard si fa fuori una gomma posteriore. La temperatura delle gomme sale, mentre quella atmosferica scende sotto gli 11 gradi. 15 Km da una parte e 15 Km dall’altra del passo, una perfetta bilancia da percorrere in due tappe, per raggiungere i 2.109 metri di altezza. Il rifugio diventa il nostro migliore amico e nonostante si sia in pieno agosto, le cioccolate calde girano come fossero birre all’Oktoberfest! Incommensurabile la vista della piccola chiesetta verso la vallata dove è sita Cortina d’Ampezzo. Sembra un presepe… insomma, ci siamo innamorati di Passo Falzarego, tanto da arrivare giù a Pocol e risalire nuovamente per fare delle foto semi-asciutte sui passi del giorno precedente per ovvie esigenze redazionali. Per giungere però a Corvara in Badia, questa volta abbiamo scelto Passo Valparola (2.192 m.l.m.), dove non si può non fermarsi ed ammirare il laghetto omonimo (una vera chicca) ed il Forte Tre Sassi, museo della Grande Guerra. Lasciata la SP37 ritorniamo verso l’albergo per Passo Gardena dove avremmo fatto meglio a portarci il gommone per via delle piogge torrenziali…


La Valle del Mis


Altra giornata, altre… nuvole. Partiamo con l’idea di raggiungere una delle più belle vallate, attraverso nuovi passi dolomitici. Il sole proprio non vuole mostrarsi e, mentre percorriamo la solita SS12, dove i tipici trattorini con rimorchio e cassette piene di mele fanno del loro meglio per non intralciare la strada, teniamo sott’occhio i consumi della moto: a 90 orari si riescono a coprire 100 Km con 4 litri di carburante. Come al solito arriviamo a Predazzo ma, questa volta, non svoltiamo a sinistra al bivio e proseguiamo dritti attraversando il paese, su quella che diventa così la SS50. Dietro una curva rimaniamo estasiati dal Lago di Paneveggio, bacino artificiale, vero capolavoro di ingegneria; siamo già a 1.450 m.l.m.. Pochissimi chilometri ed arriviamo a Passo Rolle (1.984 m.l.m.), dove è sita una delle stazioni meteorologiche più importanti del Mondo. Uno stop qui è più che di dovere, visto che si può ammirare la Cima della Pala, un gigante che tocca i 3.186 metri di altezza. Superata la meravigliosa e pulitissima San Martino di Castrozza, in tre quarti d’ora circa arriviamo a Passo Cereda (“solo” 1.360 m.l.m.) grazie alla SS347. Dopo esserci rifocillati con un pranzo a base di funghi arriviamo fino a Gosaldo per immetterci sulla SP3 fino a Renon, dove imbocchiamo la SP2. Siamo nel Parco delle Dolomiti Bellunesi e più scendiamo verso valle e più la strada si fa stretta. L’asfalto è perfetto, a grani grossi, ma gli alberi iniziano già a perdere qualche foglia. La discesa è lenta e apprezziamo la modulabilità dell’impianto frenante della nostra Tiger 800 XRx. Dopo un’oretta arriviamo alla Valle del Mis. Che dire... se non fossimo sicuri di aver mangiato dei funghi commestibili, oseremmo pensare che le allucinazioni potrebbero averci colpito. Superato un coreografico ponte di ferro e legno, la strada si stringe ulteriormente fino a “entrare” letteralmente nella roccia scavata. Impossibile non fermarsi tra una grotta e l’altra (prive di illuminazione, fate attenzione all’asfalto umido e pieno di rigoli d’acqua) per ammirare lo spettacolo. Immaginate una montagna spaccata in due: sotto, il torrente scivola veloce; tutto intorno è verde e, una volta spento il motore, si odono le acque che infrangono sui massi per formare schizzi d’acqua, che vanno poi a unirsi nuovamente tra loro dopo pochi istanti. Qualche piccola cascata naturale fa il resto; vi basta? A noi sì, poichè finalmente anche il sole ha deciso di regalarci un po’ di tepore. Arrivati al lago lo spettacolo si rinnova: decine di persone passeggiano lungo gli argini che, grazie al periodo estivo, aumentano a dismisura concedendo la possibilità a chiunque di lasciare le proprie impronte sul letto del lago. Il prossimo obbiettivo è però già nel nostro mirino: la regina delle Dolomiti, la Marmolada! Prendiamo la SS203 in direzione Agordo e Giove decide ancora una volta di farsi sentire. L’acqua scende a secchi e sua maestà la regina la possiamo vedere solo da lontano poichè, più che essere bianca dalla neve, è… nera dalle nuvole! Mai infastidire una donna arrabbiata... e dunque arrivati a Cencenighe Agordino optiamo per la SS346 e in pochi minuti giungiamo a Passo Valles grazie alla SP81. Siamo a 2.032 metri di altezza e confessiamo che, avere un plaid sulle spalle, non sarebbe una cattiva cosa. Il ritorno avviene nuovamente tramite la SS50 ripassando per il Lago di Paneveggio e Predazzo. Arrivati in albergo, dopo la doccia ed un lauto pasto a base di canederli, siamo pronti per collassare a letto.


Lago di Misurina e Lago di Braies


Quest’oggi si prospetta sicuramente una delle tappe con le più belle mete dell'itinerario. Il Lago di Misurina ed il Lago di Braies, consigliato da un caro collega (“se non ci vai sei un c....” - abbiamo deciso di andarci…!), peccato che il tempo, come sempre, sia inclemente con noi. L’iter è sempre il medesimo, SS12 con le sue mele rosse, Predazzo, Moena, Canazei, Passo Pordoi e Arabba, Passo Falzarego sulla SS48, fino a giungere a Cortina d’Ampezzo. Porsche, Ferrari, Lamborghini, Lotus… sì, non c’è dubbio, siamo a Cortina e poco importa se siamo i più squattrinati della zona, di ruote ne abbiamo due e sono più che sufficienti! Vera e propria cittadina, Cortina d’Ampezzo meriterebbe una giornata intera solo per visitare le numerose chiese, dalla Basilica dei Santi Filippo e Giacomo fino alla umilissima Chiesa di San Francesco. Forti, Castelli, sacrari militari, parchi, qui non manca proprio nulla. Nemmeno... la pioggia! Da qui in poi raggiungeremo il picco, non dei 3.000 metri ma della quantità di acqua scesa! Continuiamo per la SR48 in direzione Misurina e per la prima volta troviamo un pessimo asfalto nella seconda parte, tanto da dover ridurre la velocità dopo un fine corsa della sospensione posteriore (fortuna che eravamo sul dritto e a velocità da codice…). Arrivati al Lago di Misurina sembra di essere in una sezione del noto videogames Silent Hill: nebbia, freddo, umido, visibilità di nemmeno 100 metri. Un vero peccato. Siamo a 1.754 m.l.m. e ci chiediamo perchè costruire tanti alberghi intorno che rovinano il paesaggio, compreso l’edificio che si nota guardando verso sud: una casa di cura che rovina la vista del massiccio del Sorapiss con la sua punta nominata “il Dito di Dio”. Anche le Tre Cime di Lavaredo sono coperte dalle nuvole. Proseguiamo fino al primo bivio utile, bypassando volontariamente le Tre Cime visto che la strada è a pagamento e con le nuvole, buttare 10 euro, sarebbe da stolti. Prendiamo la SS51, costeggiamo lo splendido Lago di Landro e successivamente il Lago di Dobbiaco, altre meraviglie della natura, fino ad arrivare a Dobbiaco. Siamo sulla SS49 e giriamo a sinistra verso Brunico. Qui troviamo un traffico che ci fa tornare in mente la Capitale e, con la scarsa visibilità offerta dalla pioggia, e i famosi pesci rossi negli stivali (anche il Gore-Tex deve aver alzato bandiera bianca!), arriviamo all’incrocio con la strada per Braies. Vediamo all’ultimo le indicazioni, tanto da dover fare un’inversione qualche centinaio di metri più avanti, al primo incrocio utile. La salita verso il Lago è qualcosa di meraviglioso: pratoni verdi con tanto di mucche che pascolano libere, piccoli paesini dove spiccano i campanili della chiesa e le tipiche case con i tetti spioventi e i balconi ricoperti di fiori. Arrivati a Braies… l’ennesima struttura che copre la natura: un hotel posto alla fine della strada. Pensate che bello sarebbe stato arrivare alla fine della strada e poter ammirare liberamente il lago. Poco male, in tenuta da palombari, siamo gli unici motociclisti della zona: zuppi e inumiditi nonostante l’attrezzatura tecnica, arriva finalmente un po’ di calore. Il sangue inizia a pompare nelle vene mano a mano che ci avviciniamo allo specchio d’acqua. Siamo a 1.496 metri d’altezza e il verde smeraldo mischiato al blu intenso ci lascia senza parole. Davanti a noi l’imponente parete rocciosa della Croda del Becco, intorno a noi la foresta. Poesia pura. Tutto vero? Sì… tutto vero. E pensare che in inverno, qui sul lago, ghiacciato, ci giocano a curling!
Il ritorno avviene tramite la SP49 fino a Bressanone dove, ad una sosta, ci siamo fermati a bere una cioccolata calda (era il 16 agosto!), per poi riprendere la solita SS12. Volete sapere una cosa? Un po’ per esigenze fotografiche (o non avremmo mai e poi mai potuto fornirvi le immagini che potete ammirare), un po’ perchè il Lago di Braies ci ha letteralmente tolto il fiato, abbiamo deciso di ripetere il giro il giorno seguente. Con la pioggia? Sì, anche questa volta, ma almeno al lago ha smesso per dieci minuti, abbastanza da farci fare due foto decenti e toccare l’acqua almeno con la punta delle dita!


Il Grande Ritorno… interrotto!


Ci siamo, è il giorno della partenza. La mente corre alla piscina dell’albergo: mai un tuffo, mai un “5 minuti di relax” a causa del tempo. Non abbiamo nemmeno voglia di andarla a vedere… Poco importa. La Tiger è bella carica e pronta a portarci a casa… o quasi. Percorriamo parte della strada fatta all’andata fino ad arrivare nuovamente al Lago di Molveno, questa volta grigio a causa del maledetto meteo. Percorriamo tutta la SS421 e giungiamo ad un altro lago esageratamente spettacolare, il Lago di Tenno. Formatosi con una frana di dimensioni colossali, il lago offre colori verde smeraldo quasi caraibici ed un piccolo “atollo” (un biotopo) collegato alla terraferma da delle pietre. Uno spettacolo più unico che raro! Aperitivo nella splendida Riva del Garda e prendiamo la SS240 in direzione Mori. Giriamo a destra per la SP3 e la strada diventa sempre più stretta fino a ridursi ad una carreggiata. Arriviamo ad un piccolo piazzale dove è sita una terrazza da dove teoricamente si dovrebbe vedere il Lago di Garda. Siamo tra le nuvole e non vediamo oltre i 50 metri. Il lago c’è, insomma, dicono che sia lì, se non l’hanno spostato… ecco. Inutile cercare di fare foto; il Monte Baldo questa volta non ha voglia di mostrarsi. Scendiamo verso la SP208 e la SP230 e ancora, SP3 (dove ci attraversa la strada un’intrepida marmotta che non trova strisce pedonali!) ed SP8 dove giungiamo a Spiazzi. Qui arriva una nota gara in salita ed infatti la discesa merita tutte le potenzialità offerte dal telaio della nostra inglesina che sa tirare fuori le unghie quando serve. In un attimo siamo a Verona, la città di Romeo e Giulietta. Sono le 17, guardiamo il cellulare e “San Meteo” garantisce il sole per i prossimi due giorni. No problem, “buttiamo l’ancora” e decidiamo di sostare qui.


Quando il lago ti conquista…


Sveglia alle 9, colazione ed ecco che scatta il giro del Lago di Garda, tour che merita di essere sicuramente approfondito. La veronese, la trentina, la bresciana, e non parliamo di donne, bensì, delle tre rive, una più bella dell’altra. Una giornata intera se ne va così, non superando mai i 60 Km/h, a goderci il lago, con i suoi tipici ulivi, le sue piante di uva, i turisti, i paesini, uno più curato dell’altro. Il Garda resta, a nostro parere, uno dei più bei laghi d’Italia; ha un qualcosa che… un insieme di cose che solo lui può offrire. Presto torneremo da te, a raccontare ai nostri lettori chi e che cosa sei… è una promessa! Intanto, vi diciamo che, con questa andatura, abbiamo consumato 4,3 litri per 100 Km e sofferto un filo di caldo dal radiatore noi, e dallo scarico il passeggero. Ringraziamo però la sella Comfort, una vera mano santa per le terga!


Do you feel…


like we do… è il brano che ci viene in mente mentre siamo sulla strada del ritorno, lasciandoci alle spalle la città scaligera. Il brano di Peter Frampton “suona” nelle nostre menti con i pensieri che corrono come noi in questo momento sull’autostrada, in direzione Modena/Maranello. Tu provi… quello che proviamo noi, cara Tiger, compagna di viaggio che ci porta ovunque noi si desideri? “Senti” anche tu le nostre voci che invadono i nostri caschi, mentre cantiamo producendo quel suono tipico proprio del Talk Box della famosa canzone?
Qualche minuto di relax e lasciata l’autostrada a Maranello rieccoci sulla… SS12! Un incubo? Non proprio, è o non è la Strada Statale dell’Abetone e del Brennero? Nulla avviene per caso: abbiamo scelto appositamente questa meravigliosa strada per non perdere quel gusto delle curve ed il “collegamento” con l’amato Trentino-Alto Adige. Un serpentone che collega, nel nostro caso, l’Emilia Romagna con la Toscana; un tripudio di curve mozzafiato, che cullano il viaggiatore, sia esso su due o su quattro ruote. Arriviamo a Lucca, prendiamo l’E76 ed in un baleno passiamo per Pistoia, Firenze ed il Raccordo autostradale Firenze-Siena. Giunti a Siena non possiamo non optare per la Cassia, con i suoi colori (vi dice nulla il Terra di Siena? Viene proprio dalle terre di queste splendide colline) al tramonto, unici ed inimitabili. Poi, mentre proseguiamo in direzione Roma, ad altezza Radicofani-Abbadia S.Salvatore, la sorpresa. Strada interrotta che, tra l’altro, scopriremo essere interrotta da “solo” otto mesi. Qualcosa di realmente imbarazzante e che sta creando e creerà un danno enorme alla Regione Toscana, visto l’importanza di un’arteria così fondamentale. Poco male, solo le 19.30, il sole è ancora lì, per poco, prendiamo la SS478 ed iniziamo a salire in direzione della torre della Rocca di Radicofani. Arrivati al paese il sole si nasconde dietro il Monte Amiata, antico vulcano ormai spento ma che ancora oggi dona diverse terme nelle zona. Scendiamo per la SR24 a riprendere la Cassia e giungiamo al Lago di Bolsena dove ceniamo in riva allo stesso. La stanchezza si fa sentire e rientriamo a Roma praticamente a mezzanotte. In mente le curve, gli asfalti perfetti, i paesaggi e la cordialità delle persone che abitano in Trentino-Alto Adige, ed un appunto sul taccuino a ritornare appena possibile.


Quanto alla Triumph Tiger 800 XRx si è rivelata sicuramente più instancabile di noi: 3.500 Km in qualsiasi condizione. Difetti in breve? Il calore che investe la coscia sinistra indossando i jeans (con la cordura si è più isolati e la situazione cambia), la prima marcia un po’ troppo lunga ed un comportamento migliorabile sul bagnato (l’assetto tendente al rigido non aiuta). Pregi in breve? Motore… stupendo, frenata modulabile e precisa, protezione aerodinamica e comfort assoluto di guida. Il cruise control poi, è il vero segreto del viaggiatore instancabile.

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