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Honda Hornet 600 2011 - TEST

Stesso feeling di sempre con un'estetica di maggior fascino

Moto - Test: Honda Hornet 600 2011 - TEST

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La Honda Hornet 600 può a tutti gli effetti esser considerata una delle pietre miliari del motociclismo degli ultimi quindici anni. La popolare nuda giapponese, nata nel 1998, è stata per moltissimi anni leader di mercato, dovendo poi fare i conti con avversarie di categoria che si sono fatte via via più aggressive.
La Hornet, però, non si è granchè curata degli attacchi che da più parti le provenivano, ed è andata avanti per la sua strada con aggiornamenti continui fino alla rivoluzione, arrivata nel 2007, anno in cui è stato realizzato un nuovo telaio, finalmente in lega leggera, in cui è stato inserito il motore più avanzato che Honda aveva in gamma, quello della CBR 600RR.
Proprio quella versione della Hornet, che compiva un "salto quantico" nelle prestazioni, ha dovuto fare i conti con avversarie dal look forse meno innovativo, ma più accattivante. Nonostante alcune scelte stilistiche controcorrente, però, la Hornet negli anni dal 2007 al 2010 ha fatto riscontrare numeri di immatricolato interessantissimi, secondi solo alla Kawasaki Z750, da tre anni in testa al segmento delle medie naked.

HORNET 2011: PIACE ALL’INSU’
Non ce ne vogliano i designer della Hornet del 2007, ma da che mondo è mondo esistono degli stilemi nel design delle motociclette che identificano univocamente la tipologia di una moto. La carenatura è sinonimo di moto sportiva, il parafango alto significa cross, e la coda all’ingiù… vuol dire custom… potrebbe essere associata a una moto vintage, ma di certo non a una naked sportiva. Insomma, una nuda come la Hornet, deve avere il "culetto" all’insù, con linee affusolate e slanciate, che servono a conferire agilità e dinamicità al design.
In Honda, devono averlo capito, ed ecco che infatti è stato affidato a Gianfelice Marasco il compito di traghettare il design della Hornet nel 2011, senza però snaturare i valori positivi che erano comunque presenti nel precedente progetto.
Il lavoro condotto da Marasco, in effetti, potrebbe essere riassunto sommariamente in un nuovo codino dalle forme appuntite e in un nuovo gruppo ottico anteriore. Guardando da vicino la moto però, e ricordando con attenzione il design del modello precedente, si capisce che il lavoro del designer Honda non è stato affatto facile, perché si è reso necessario spostare volumi e superfici che facevano parte di un progetto complessivo di design, correndo il rischio di realizzare una coda fuori contesto che poteva risultare posticcia. Il valore del "revamping" di Marasco è, a nostro avviso, proprio nell’essere riuscito a integrare forme leggere e compatte che hanno dato alla Hornet il necessario dinamismo visivo, pur mantenendo una continuità formale con il modello precedente.
Il gruppo ottico anteriore, dal design piuttosto massiccio, ha lasciato il posto ad un nuovo elemento molto più leggero nel design che si rifà nello stile a quello della CB1000R e che integra anche il pannello LCD della strumentazione.
Tre sono i colori in cui viene offerta la nuova Hornet, Pearl Cool White, Pearl Nightstar Black e un graditissimo ritorno: il Pearl Sprint Yellow che caratterizzava la prima versione della Hornet, presentata nel 1998.
La moto è già disponibile in concessionaria a 7.590 euro f.c., mentre la versione ABS costa 8.190 euro.

LA TECNICA: 600 E NON DI PIU’
La tecnica della Honda Hornet 600 2011 si fonda sulla medesima base consolidata del precedente modello. Le caratteristiche della moto, infatti, non avevano bisogno di aggiornamenti tecnici, visto il già ottimo livello che le contraddistingueva.
La Honda, nel rinnovare la Hornet, ha deciso di non seguire la strada della crescita di cilindrata come è accaduto per le rivali proposte da Yamaha e Suzuki, ma di rimanere l’unica seicento nel segmento naked. Sicuramente, in un mercato che si sta spostando verso la cilindrata 800, questo potrebbe essere un rischio, ma a nostro avviso può invece trasformarsi in un vantaggio, per strizzare l’occhio più agevolmente ad una clientela giovane, interessata all’acquisto della prima moto di media cilindrata.
Ritroviamo quindi il medesimo telaio monotrave centrale in lega leggera con il motore in funzione stressata a chiudere inferiormente la struttura.
Le sospensioni sono le Showa già conosciute con all’avantreno una forcella a steli rovesciati da 41 mm regolabile nel freno in estensione e al posteriore un monoammortizzatore registrabile nel precarico su sette posizioni e nell’estensione.
Il motore, è il noto quattro cilindri frontemarcia della CBR600RR del 2007, accreditato di 102 CV, rimappato per adattarsi meglio alle esigenze di una nuda e quindi erogare maggior coppia ai regimi medio-bassi.
L’impianto frenante ripropone il già noto schema con due dischi semiflottanti da 296 mm all’anteriore con pinze flottanti a due pistoni e disco da 240 mm con pinza flottante a pistone singolo al posteriore.
In optional è disponibile la versione ABS con il quale l’impianto frenante si impreziosisce di pinze anteriori a tre pistoni, azionate in maniera combinata con quella posteriore.

IL TEST: COME PRIMA, PIU’ DI PRIMA
In sella alla nuova Hornet ci si sente subito a casa. La mai troppo lodata sensazione di confidenza che solo le moto dal marchio alato sanno offrire, si avverte nettissima sulla Hornet. La posizione di guida privilegia sicuramente i piloti di media statura, viste le compatte dimensioni dell’insieme e la sella posta ad una quota contenuta dal suolo (800 mm).
Già muovendo la moto da fermo si apprezza la sua leggerezza e in movimento la sensazione è confermata dall’ottima agilità della Hornet. Il grande equilibrio ciclistico si conferma la dote migliore della nuda giapponese, che sulle strade ricche di curve permette di prendere ritmi spigliati a fronte di un impegno nella guida davvero ridotto. In curva la Hornet sfoggia qualità anche superiori a quanto ci si aspetta, con inserimenti in piega veloci e velocità di percorrenza elevate, grazie a un avantreno che infonde al pilota una sensazione di grande sicurezza.

La risposta delle sospensioni è buona: la forcella piace per la scorrevolezza e l’ammortizzatore, che sulle prime appare un po’ morbido, mostra un buon sostegno quando si aumenta il ritmo.
Il motore si conferma un portento di elasticità e permette di guidare in scioltezza senza curarsi troppo del cambio, sicuri che ad andature medio/alte, riprenderà sempre bene senza vuoti o strappi.
La frenata, sulla versione da noi provata, munita di ABS è davvero ottima; la potenza a disposizione è elevata e la distribuzione della forza frenante sui due assi infonde alla moto grande sicurezza, anche prima che entri in funzione il sistema antibloccaggio. Forzando la mano per far intervenire l’ABS, se ne apprezza il comportamento, scevro da vibrazioni alla leva, e che si manifesta attraverso un irrigidimento del comando al manubrio cui segue l’abbassamento di pressione, molto graduale e non invasivo.
Insomma, la nuova Hornet ricalca le già ottime caratteristiche dinamiche del modello precedente, ma con un look sicuramente più dinamico e aggressivo, per tornare a competere ad armi pari per la leadership del mercato.
Volendo proprio andare a cercare il pelo nell'uovo, dobbiamo dire che la nuova strumentazione LCD è sì ben realizzata, ma l'indicazione del contagiri è fin troppo sottile e la sua visibilità è un po' ridotta.

In questo test abbiamo utilizzato:
Casco - Nolan
Guanti - Dainese
Giacca - Dainese
Stivali - Alpinestars

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