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Dainese Centro Logistico

Ma che "Diavolo" è quel cubo nero?

Moto - News: Dainese Centro Logistico

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Se vi siete mai chiesti che..."Diavolo" sia quel cubo nero nelle vicinanze dell'uscita VI-Ovest della A4, vi possiamo dire che effettivamente di "Diavolo" si tratta, anche se notevolmente stilizzato e di colore rosso. I motociclisti, ma anche gli appassionati di corse che seguono le gesta di Valentino, avranno già capito che parliamo di Dainese...e quel monolite alto come un palazzo di 10 piani e largo come un campo da calcio, "altro non è" che il nuovo centro logistico Dainese di Vicenza.

Frutto di un investimento di oltre 17 milioni di euro, la nuova struttura è stata pensata per implementare la capacità di consegnare i prodotti all'utente finale. Lino Dainese, in una intervista ad un quotidiano locale (Il Giornale di Vicenza), disse chiaramente che per tenere testa alla concorrenza orientale bisogna ri-organizzare le proprie attività, puntando non solo sulla qualità ma anche sui servizi e sulla capacità di essere presenti sul mercato. Un bel consiglio, non 'è che dire, e siamo certi che più di qualche imprenditore del nord-est farebbe bene a valutare seriamente questo esempio...

Quello del cubo, in ogni caso, è solo la punta di un iceberg che negli ultimi anni ha visto la Dainese impegnata nell'opera di ottimizzazione della propria attività: dall’ideazione dei prodotti nei laboratori D-Tec (Dainese Technology Center) per arrivare a portare agli sportivi di tutto il mondo la protezione dove serve, quando serve.

Full automatic!
Automatizzato e robotizzato, il nuovo magazzino permette di razionalizzare i costi e i tempi di handling riducendo l’attesa del cliente al punto che l’evasione di un ordine on-line avviene nell’arco di 16 ore, periodo di previsto funzionamento giornaliero dell’impianto.
Tutto questo si traduce in una maggiore velocità e personalizzazione di risposta alle esigenze del cliente, un impegno che Dainese persegue ogni giorno da oltre trent’anni. E di cui il monolite nero di Dainese diventa ora anche l’imponente simbolo fisico, tanto è vero che le sue pareti verranno utilizzate per proiettare messaggi sulla sicurezza stradale utilizzando immagini di Valentino Rossi, il testimonial mondiale della sicurezza Dainese.

Un cuore tecnologico
L’interno del Centro logistico Dainese è formato da circa 23.000 celle dentro alle quali sono collocate le unità di carico contenenti tutti i prodotti Dainese. Bracci meccanici manovrati da un software studiato appositamente per questo compito prelevano queste unità di carico muovendosi ad una velocità di 5 metri al secondo, tanto che il tempo massimo per spostarne una dal punto più remoto del magazzino fino alla zona di picking non supera i 90”.

La fase di picking, vale a dire il momento in cui il capo viene estratto dalle unità di carico, è l’unica fase manuale dell’intero processo. Successivamente una linea automatica provvede alla chiusura dell’imballo, all’etichettatura per la destinazione e alla codifica per lo spedizioniere, inserendo automaticamente nei sistemi informativi il numero di tracking.

Questo significa che entro la giornata dell’imballo il cliente di destinazione è già in grado di apprendere l’avvenuto allestimento della spedizione.

Come è fatto?
A progettare il nuovo Centro logistico VI-Ovest è stata chiamata Silvia Dainese Gris, conosciuto architetto padovano. Il suo compito non è stato per nulla semplice, considerata la complessità in gioco.
Qui di seguito, nel dettaglio, è lo stesso architetto che spiega i dettagli tecnici e architettonici di questa imponente struttura.

Il magazzino
L’esigenza dell’azienda Dainese, di raddoppiare il magazzino e renderlo automatizzato, non è potuta passare inosservata: il volume che viene occupato da
questa macchina robotizzata, non potendo essere collocato sottoterra, (vista la presenza di falde acquifere sotterranee) si erge prepotentemente fuori terra modificando lo skyline, a scala territoriale.

Il parallepipedo, con 2 lati strambati, misura 30 x 80 metri circa in pianta, e 29 metri in altezza, per un volume complessivo di 80.000 metri cubi.
L’esterno è completamente rivestito in zinco titanio nero, e si stacca da terra di 2 metri circa con un anello di calcestruzzo armato, con finitura irregolare. Questo attacco a terra, lo zoccolo, è volutamente in cemento a vista irregolare: é la radice dell’edificio che esce fuori dal terreno é un basamento grezzo, “naturale”, che volutamente contrasta con la pelle nera, opaca, perfetta, al di sopra.

Il manicotto di raccordo
Quel che si nota subito è la rotazione del “cubo nero”, rispetto all’edificio esistente, al quale è collegato mediante un manicotto. Ed è proprio il manicotto, l’edificio di collegamento, a sottolineare la traslazione di un corpo di fabbrica rispetto all’altro: appare come un soffietto, in tensione da un lato, e schiacciato dall’altro (ci siamo rifatti ad un dettaglio delle tute in pelle, l’elastico biassiale). E’ tutto rivestito di guaina nera gommosa, che fa risaltare le nervature costituite da grossi tubi calandrati di acciaio bianco.
All’interno di questo, sembra di essere nel ventre di una balena, l’insieme della struttura da l’idea di un “rib-cage” di un animale enorme. Dall’esterno invece, è più un particolare anatomico fuori scala, “una zampa di dinosauro”, con l’ossatura e i tendini che si intravedono.

Lo showroom
Questo edificio, progettualmente, è nato “usando” i metri cubi avanzati dalla progettazione del tutto. Originariamente, quel che adesso è un volume leggermente arrotondato, era una curva a pavimento, una delle texture di asfalto, cemento lisciato, prato erboso, che costituiscono il gioco di pavimentazioni dei piazzali circostanti all’azienda. Quel che si può vedere oggi, è un edificio che si è auto generato dall’idea della funzione che doveva ospitare. Ha una forma arrotondata, sembra una “gemmazione” dal grande monolite.

In pianta ha la sagoma di un armadillo di profilo, con il codino. L’alzato invece, a seconda dei punti di vista, mostra un’immagine sempre diversa e comunque vagamente zoomorfa. Le aperture sull’esterno, che guardano verso le colline, sono come delle branchie, e così anche i lucernari del tetto piano, sembrano degli alveoli delle parti vive di un organismo che servono al funzionamento del tutto, in questo caso danno luce.

Lo spazio esterno
Tutto l’insieme di questi tre edifici è un po’ un organismo, vive grazie ad ogni parte del tutto. In questo modo influenza anche lo spazio esterno: questo non è trattato come uno spazio di risulta e di confine con le altre proprietà. Le texture del pavimento in cemento, le parti verdi, fluiscono intorno agli edifici e sono modificate dal flusso delle persone che si muovono, “pulsano” nell’azienda.

C’è un desiderio di fondo da parte dei progettisti e della committenza di considerare lo spazio come “vivo”, un pezzo di natura incapsulato tra il cemento grigio dell’autostrada e gli edifici circostanti, un collegamento visivo e materiale alle colline circostanti, che possa dare un po’ di qualità al vivere, al lavorare in azienda, per godersi un attimo di sole nelle pause del lavoro.

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