A prima vista, sembra impensabile che la Airforce by Death Machine nasconda una Moto Guzzi Le Mans del 1983. Fra l'altro, scovata dal preparatore londinese in un cortile, sotto una spessa coltre di terra e polvere, proprio in Italia. Poi, quando l'occhio cade sul motore, non ci sono più dubbi: il cuore non può che arrivare da Mandello del Lario.
L'eterno bicilindrico
Già, perché l'eterno bicilindrico a V prodotto a Mandello - che nel caso della Le Mans sviluppava circa 80 CV a quota 7.500 giri - occhieggia senza timore tra l'affusolato serbatoio e un generoso puntale, dal quale fanno capolino degli scarichi corti e a fetta di salame. Completano il quadro vistosi tromboncini d'aspirazione (per un sound da leccarsi i baffi) e la trasmissione a cardano, spogliata di tutto il superfluo e lasciata a vista il più possibile. Notevoli anche i cerchi, a raggi davanti e "pieno" dietro, dotati di pneumatici stretti, che rimandano alle moto del passato.
Abito attillato
Un vestito che colpisce, quello della Moto Guzzi Airforce by Death Machine. Interamente realizzato a mano in alluminio spazzolato, semmai ci fosse il bisogno di ricordarlo. E dedicato, come tutto il progetto, a Giovanni Ravelli, un personaggio importante per l'Aquila lariana: pionere di aviazione e pilota di moto, avrebbe dovuto essere il testimonial (nonché il pilota ufficiale) della Moto Guzzi, in via di fondazione. Ma la morte lo colse prima, nel 1919, durante l'atterraggio ai comandi di un Nieuport 11, causa spegnimento improvviso di un motore.