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Joe Romano: invisibile come l’aria

A soli 54 anni è morto Joe Romano, massimo esponente della tecnica motoristica in Italia

Moto - News: Joe Romano: invisibile come l’aria

Non è facile scrivere di Joe Romano: non lo era prima, data la sua naturale tendenza a non apparire in pubblico, e non lo è ora che Joe non c’è più. Non è facile perché sicuramente la notizia della sua dipartita interessa a pochi, a quelli che si fregiano dell’appellativo di "addetti ai lavori". Per la cronaca, Joe Romano è morto nella notte di sabato 10 maggio, nel sonno, a soli 51 anni. Lascia la moglie Lucia e la sua affezionata pitbull terrier "Kiki".
Questa notizia potrebbe finire qui, perché chi sa, chi conosceva Joe, non ha bisogno di leggere altro. Ma se qualcuno è curioso di sapere perché oggi scriviamo della morte di un tecnico italo-americano, vada pure avanti.

JOE ROMANO: L’UOMO DIETRO AI MONDIALI
Joseph Romano, meglio conosciuto come Joe, era nato a Roma ed aveva vissuto la sua infanzia all’interno delle Basi Militari statunitensi, per poi tornare in Italia da adolescente. Fin da ragazzo soffre di una smodata passione per la tecnica motoristica ma soprattutto per la ricerca e la sperimentazione che lo portano in breve a diventare il massimo esperto conosciuto nel campo dei motori con aspirazione lamellare. Nei primi anni ottanta collaborò con la Ferrari con un progetto su una testata per motori da competizione, e da Maranello ricevette anche un’offerta di ingaggio, che Joe rifiutò per dedicarsi alle "sue" ricerche, nella tranquillità del suo laboratorio all’ombra del Vesuvio.

Chiunque abbia avuto in gioventù uno scooter, un cinquantino o una moto con motore lamellare a cui è stato sostituito il pacco delle lamelle, forse non lo sa, ma molto probabilmente quelle lamelle che ha installato sul suo motore erano state progettate da Joe. Detta così potrebbe sembrare che Joe Romano sia stato solo un esperto di motori lamellari, ma in realtà possiamo sostenere che ad oggi è stato il massimo esperto esistente nel campo della fluidodinamica dei motori. La sua cultura e il desiderio di sperimentare lo ha portato a lavorare su qualsiasi genere di propulsore, motociclistico, automobilistico, navale o da kart, e chiunque abbia mai pensato di installare un Nos sulla sua auto, saprà che anche in quel settore Joe era il maestro.

La sua incredibile esperienza in campo fluidodinamico portò Joe a collaborare con tutti i Team impegnati nel Motomondiale di allora, ma la sua indole schiva e riservata fece sì che il suo nome non sia mai apparso nei titoli di coda delle grandi vittorie, ma vi possiamo garantire che anche dietro ai Mondiali più blasonati dell’era dei due tempi, la mano di Joe era sempre presente.
Romano è sempre stato un antipersonaggio, un uomo d’altri tempi, di quelli che non cercano le luci della ribalta, ma uno che nel suo mondo ha fatto tantissimo. Schivo al punto di risultare antipatico, Joe non amava dialogare con i giornalisti e concedeva solo a pochissime testate di parlare dei suoi studi (e chi scrive ha avuto la fortuna lavorare proprio in una di quelle riviste che piacevano a Joe).

Chi lo ha conosciuto bene lo ricorda come un uomo integro, uno che non si prestava a fare compromessi quando questi lo avrebbero costretto a ragionare contro la sua natura. Ma anche un uomo trasparente proprio come l’aria di cui amava studiare il comportamento, arrivando a costruire interi motori in plexiglas nei quali poi far fluire aria tracciata per studiarne la dinamica.
Uno che faceva volare i motori ma che non andava in autodromo a vederli correre. Uno che deteneva decine e decine di brevetti tecnici in ambiti più disparati, ma che non era interessato ai possibili risvolti economici di ciò che inventava. Uno che nel suo laboratorio aveva la strumentazione più sofisticata, ma anche uno a cui bastava mettere il naso dentro un airbox per capire dove intervenire per andare a cercare quel cavallo in più che fa la differenza in gara.

Ieri, ai funerali di Joe Romano erano presenti alcuni dei piloti che hanno corso con i suoi motori e chi c’era (e che ringraziamo per averci mandato una foto di Joe accanto al suo banco di flussaggio) ci ha raccontato che sulla bara di Joe è stato poggiato un telefono che suonava A horse with no name degli America…
Ciao "Cavallo senza nome"…

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