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Emergenza rifiuti: la camorra e lo smaltimento dei pneumatici

La criminalità lucra sulle gomme usate

Moto - News: Emergenza rifiuti: la camorra e lo smaltimento dei pneumatici

L’emergenza rifiuti in Campania sta tornando di scottante attualità, ma, per quanto è emerso dalle indagini compiute da Legambiente ed Ecopneus, non sono solo i sacchetti di immondizia a infestare le strade del capoluogo partenopeo.
I pneumatici usati, infatti, costituiscono una importante merce di scambio per i malviventi, visto che i cosiddetti Pneumatici Fuori Uso (PFU) , vengono utilizzati specie dai trafficanti, sia per camuffare il trasporto di rifiuti tossici, sia per incendiare i cumuli di rifiuti tossici scaricati ai bordi delle strade (e dati alle fiamme per 50-100 euro a carico) oppure li bruciano per lanciare avvertimenti mafiosi.

L'ALTRA FACCIA DEI PNEUMATICI, QUELLA ILLEGALE
Il legame tra il traffico illegale di pneumatici e le organizzazioni criminali di stampo mafioso è ben evidenziato dal dossier "Copertone Selvaggio" realizzato da Legambiente (l'associazione ambientalista che dal 1994 elabora e pubblica il Rapporto Ecomafie) ed Ecopneus, la società consortile costituita dai 6 principali produttori di pneumatici operanti in Italia, pronta a partire con un sistema di raccolta capillare su tutto il territorio nazionale, a seguito della imminente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto che dà il via alla raccolta dei PFU (Pneumatici Fuori Uso) su tutto il territorio nazionale. Questo rapporto non solo fotografa la distribuzione geografica dei siti illegali in Italia, ma spiega anche come questa rispecchi in sostanza quella dell'Ecomafia in genere e per la prima volta presenta ai cittadini italiani il conto (salato) di questa forma di illegalità.

DISCARICHE ILLEGALI GRANDI QUANTO 800 CAMPI DA CALCIO

Secondo le stime elaborate da Ecopneus, incrociando i dati dell'intero settore, circa 100mila tonnellate di PFU spariscono nel nulla e, sempre secondo i dati elaborati da Legambiente ed Ecopneus, dal 2005 a oggi sono state individuate ben 1.049 discariche illegali in tutta Italia, per un'estensione complessiva che supera ampiamente i 6 milioni di metri quadrati (6.170.537). Il che significa, tradotto in un linguaggio più immediato, che ci troviamo davanti ad una superficie complessiva grande quanto 800 campi da calcio. Ovviamente le discariche non sono tutte uguali: si va da quelle di ridotte dimensioni a quelle più grandi, dove appare evidente la presenza di attività organizzate per il traffico illecito. La regione più colpita in assoluto è la Puglia (230 discariche abusive accertate, il 21,9% sul totale nazionale per un'estensione pari a 2.272.788 metri quadrati) seguita dalla Calabria (159 discariche), dalla Sicilia (141 discariche), dalla Campania (131 discariche) e dal Lazio (77 discariche). A Nord la regione più interessata dai fenomeni di smaltimento illegale è il Piemonte, con 37 discariche scoperte, per un'estensione pari a 177.950 metri quadrati. Situazioni critiche si registrano anche in Veneto, Liguria e Lombardia.

TRA NAPOLI E CASERTA C'E' LA "TERRA DEI FUOCHI"
Nonostante sia la Puglia la regione con più discariche illegali in Italia e la provincia di Lecce sia la più colpita, una delle situazioni più preoccupanti dal punto di vista ambientale e sanitario riguarda la Campania, più precisamente l'area compresa tra le province di Napoli e Caserta, la cosiddetta "Terra dei fuochi". Il nome deriva dal rogo dei PFU che sono utilizzati dalla camorra sia come combustibile per incendiare i cumuli di rifiuti tossici scaricati ai bordi delle strade, sia per essere un avvertimento mafioso. Il 28 aprile 2010, come si legge nel rapporto di Legambiente ed Ecopneus, a Marcianise in provincia di Caserta, terra del clan Belforte, è stato appiccato il fuoco a migliaia di pneumatici ammassati nell’area di una ex società di recupero e riciclaggio, all’interno dell’Interporto Sud Europa. L’incendio si è protratto per più di una settimana e qualche giorno dopo (il 12 maggio) poco distante si è verificato un altro incendio di migliaia di pneumatici. Come si legge in Ecomafia 2010 "in Campania l'intero mercato è gestito da un'organizzazione criminale composta da due livelli: al più basso ci sono i Rom, a cui tocca quasi esclusivamente il lavoro sporco, il prelievo e lo smaltimento previa accensione della fornace; al livello più alto, elementi legati alla camorra. Il ritiro di solito avviene sempre a domicilio. Ma se non sono i rom a ritirare i copertoni, il costo per lo smaltimento presso i loro campi aumenta dai 25 ai 35 euro a carico di chi deve smaltire".

L'EXPORT FUORILEGGE
Nel dossier si legge che fino ad oggi sono state 19 le inchieste per traffico illecito di rifiuti che hanno riguardato i PFU. Dalle indagini è emerso come i PFU siano tra i materiali preferiti dai trafficanti (più dell'11% del totale delle inchieste ha infatti riguardato proprio il sistema del "copertone selvaggio") e come l'Italia risulti essenzialmente un Paese di esportazione di rifiuti, principalmente verso Cina, Hong Kong, Malaysia, Russia, India, Egitto, Nigeria e Senegal. I porti italiani più coinvolti sono stati quelli di Venezia, Catania, Taranto, Genova, Napoli e La Spezia da, da dove più spesso si è imbarcato per l'Asia il cosiddetto "ciabattato", ossia PFU frantumati che vengono utilizzati come combustibile per cementifici, cartiere, termovalorizzatori e così via, oppure per la realizzazione di fondazioni stradali e ferroviari, rilevati stradali alleggeriti e bacini di ritenzione delle acque piovane. Senza contare il camuffamento del trasporto di altri tipi di rifiuti particolarmente tossici. Un fenomeno, che come si evince da uno studio effettuato a marzo 2010 dall'Agenzia delle Dogane (Direzione regionale di Lazio e Umbria), è triplicato negli ultimi tre anni.

"IL CONTO"
Secondo le stime più attendibili, come dice Legambiente, sono circa 350 mila le tonnellate di PFU prodotte annualmente nel nostro Paese (di cui la maggior parte riguarda l'automobile) e nel 2009 circa la metà è stata destinata al recupero energetico, il 20% è stata recuperata come materia prima seconda per utilizzi urbani e industriali (dato pari alla metà della media Europea) e la quota restante (circa il 25%) si è dispersa in traffici o pratiche illegali. Da questo punto di vista non è azzardato ipotizzare un danno economico complessivo, sia alle finanze pubbliche che all’imprenditoria legale, di oltre 2 miliardi di euro (esattamente 2,086). In dettaglio, negli ultimi cinque anni la perdita economica per lo Stato può essere quantificata in circa 143,2 milioni di euro l’anno, di cui 140 milioni per il mancato pagamento dell'IVA sulle vendite e circa 3,2 milioni di euro per il mancato pagamento dell'IVA sugli smaltimenti; i mancati ricavi degli impianti di trattamento, costretti a lavorare a regimi ridotti a causa della fuoriuscita degli PFU dal ciclo legale, possono essere quantificati in almeno 150 milioni di euro l’anno; i costi di bonifica delle discariche abusive di PFU sequestrate nel periodo 2005-settembre 2010, che solitamente sono a carico dei contribuenti, possono essere stimati in almeno 400 milioni di euro.

LA LEGGE

Il quadro normativo in Europa e in Italia circa lo smaltimento in discarica degli pneumatici si è molto evoluto negli ultimi anni, subendo un'accelerazione dal 2006 ad oggi. Senza soffermarci sulle norme specifiche, diciamo soltanto che l'Italia, a differenza di Stati che hanno scelto "sistemi a tassazione" (i produttori di pneumatici pagano allo Stato per la gestione pubblica del settore; la tassa è successivamente applicata al consumatore) o "di libero mercato" (nessun responsabile predefinito, tutti gli operatori stipulano contratti secondo le condizioni di libero mercato), ha optato, come la stragrande maggioranza dei paesi, di basare la disciplina sulla "responsabilità del produttore" (art. 228 del Decreto Legislativo 152/2006). Nel 2009 Bridgestone, Continental, Goodyear Dunlop, Marangoni, Michelin e Pirelli hanno costituito Ecopneus, società consortile che rappresenta oltre l'80% del mercato nazionale e che ha il compito di gestire il rintracciamento dei PFU, la loro raccolta, il trattamento e la destinazione finale e anche di ottimizzarne la logistica, promuoverne nuovi impieghi ed evitare la loro dispersione verso flussi illegali.

[ Fonte: "Copertone selvaggio", dossier di Legambiente ed Ecopneus ]

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