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Yamaha XJR1300 my 2015 - TEST

Classe da vendere, cura dei dettagli e tanta voglia di essere trasformata in una Special. L'abbiamo provata in Australia!

Moto - Test: Yamaha XJR1300 my 2015 - TEST

Nata nel 1995 come naked sportiva, questa muscle bike tutta motore, negli ultimi anni è stata rispolverata per arricchire la linea “Sport Heritage”: sono le nuove Yamaha XJR1300 e XJR1300 Racer, che noi siamo andati fino in Australia (con gli amici della rivista Special Cafe) per provarle in un contesto a dir poco fantastico!


Progetto Yard Built


Tutto è partito col progetto Yard Built, ossia l’esplorazione, attraverso Special commissionate dalla casa madre e fatte realizzare ai migliori preparatori del mondo, delle potenzialità dei modelli di serie Yamaha. Ed è proprio grazie a questa preziosa esperienza che la nuova XJR vede la luce. La nuova versione raccoglie e sintetizza gli spunti delle Yard Built dal 2011 ad oggi: la pulizia delle linee orizzontali è presa dai Wrenchmonkees, il serbatoio slim da Deus, il bellissimo blu di una delle tre colorazioni disponibili da Keino. Altri top builders si stanno avvicendando nel declinare questa muscolosa XJR secondo la propria sensibilità. A sottolineare la vocazione alla personalizzazione che ispira il progetto Yard Built, Yamaha ha consentito ad ogni preparatore di realizzare e poter vendere il kit per trasformare una moto fresca di fabbrica nella special di turno. Così chiunque avrà la possibilità, ad esempio, di farsi in casa la XJR dei Wrenchmonkees, quella di Deus o quella che ora sta costruendo El Solitario, oppure un’altra ancora tra quelle che sono in elaborazione da altri grandi preparatori.


Design: equilibrio di linee e volumi


La nuova Yamaha XJR 1300 offre due allestimenti diversi, una versione base e una versione Racer più sportiva. Caratterizzate entrambe da una linea retro plasmata su soluzioni tecniche moderne, sono pensate per essere modificate ed adattate come una seconda pelle per assecondare il gusto di ogni proprietario. Alcune caratteristiche sono comuni. Il telaio è stato accorciato di 10 cm, la sella è corta e affusolata, mentre il serbatoio (realizzato in Italia da Acerbis) ha subito una cura dimagrante e, perdendo 6 litri di capacità, mette in risalto il grosso motore raffreddato ad aria. Il fanale anteriore è rimpicciolito e ribassato per assecondare le linee orizzontali degli altri componenti. I dettagli sono curati e trasmettono una sensazione di solidità e attenzione: i fianchetti sono in alluminio satinato, i supporti reggifaro e i paratacchi, anch’essi in alluminio, sono ben fatti. Sotto, invece, prevale il nero. Telaio, scarichi, cerchi, motore: tutto è del colore della notte. Anche le canne della forcella sono rivestite di DLC (Diamond Like Carbon), il quale, oltre a migliorare lo scorrimento delle stesse, rende la forca anteriore totalmente nera. Il colore scuro contribuisce a snellire ulteriormente questa moto, che, non dimentichiamo, è equipaggiata con un imponente 4 cilindri in linea da 1300cc. Tre sono le colorazioni disponibili: Black Midnight, Power Blue e Matt Grey. Il grigio opaco è la colorazione che più ci è piaciuta e che troviamo adatta a questa moto. Il blu racing, memore delle colorazioni anni ‘70, è particolarmente bello sotto il sole con le sue sfumature perlescenti. Il nero lucido, dei tre, è quello che ci ha lasciato più indifferenti.


Ciclistica... e che motorONE!


La cura nella ciclistica non è inferiore a quella estetica. Forcellone posteriore in alluminio e doppi ammortizzatori con serbatoio esterno Öhlins, fanno il paio con una forcella anteriore completamente regolabile. Sempre all’anteriore, due potenti pinze monoblocco vanno a mordere due dischi da 298 mm. L’elettronica è tenuta al minimo per non guastare il sapore di questa moto. La Racer invece si differenzia per un carattere più sportivo nell’assetto e in alcuni particolari. Cupolino, parafango anteriore corto e unghia monoposto sono in carbonio (vero) e ben si sposano con i due semimanubri, abbastanza alti e comodi. Il porta targa posteriore è minimizzato, lo scarico Akrapovic opzionale, nella versione che abbiamo testato, chiude il cerchio di questa nerboruta in assetto sportivo. 
Il motore non è di certo timido: quattro cilindri in linea raffreddati ad aria, nell’abbondanza di 1300cc di cilindrata, sviluppano quasi 100 CV per 110 Nm di coppia massima che sono un ottimo compromesso per divertirsi di gusto senza rischiare di stamparsi al primo tornante.


TEST: l’agilità che non ti aspetti


Una volta partiti, i suoi 240 Kg non si sentono più. In effetti, la moto risulta sempre agile, pronta e reattiva. Stabile certo, ma anche veloce nei cambi di direzione. È una moto che “va guidata”, ma non è particolarmente impegnativa o stancante. In sella, il serbatoio slim aiuta le gambe a stringere la silhouette e ad integrarsi nella linea della moto. Nella versione base, il manubrio è largo e la posizione di guida è comoda ed eretta. Controllo e maggiore agilità in mezzo al traffico ci fanno pensare ad un utilizzo più cittadino per questa versione. La posizione di guida della Racer non è comunque estrema, grazie alla posizione relativamente alta dei semimanubri e alle pedane che non sono state arretrate. I freni sono molto efficaci anche senza ABS: l’elettronica è tenuta ai minimi termini per trasmettere la giusta vibrazione vintage.
Il motore è elastico, non lo si sente mai in affanno, anche a marce alte riprende senza sforzo. Non brilla però per prontezza sotto i 4000-4500 giri. Passati i 5000 invece la musica cambia, il motore si sveglia, canta e fa sentire la schiena. Diventa un’altra moto. La versione Racer invece, con lo scarico Akrapovic, comincia a prendere ritmo dai 3000 in su, per poi spiccare il volo sopra i 5000. Anche nel misto stretto è particolarmente aggraziata e veloce. Entrambe hanno un bel comportamento dinamico, sono solo due indoli diverse: più tranquilla la versione base, più ribelle la Racer, ma in entrambe i casi sempre agili e stabili.


Conclusioni


Nel provare la nuova Yamaha abbiamo toccato con mano l’ottima qualità realizzativa e testato le grandi doti dinamiche di questa generosa moto. Sposando la filosofia delle “Sport Heritage”, ossia che la moto di serie non esiste più ma che ne esiste una diversa per ogni proprietario, tre sono i particolari che farei miei qualora decidessi di acquistare una XJR1300. Qualche ulteriore modifica per renderla ancora più unica? Se fosse per me, installerei subito dei cerchi a raggi e via anche la strumentazione di serie, che sostituirei con qualcosa di più discreto e meno ingombrante. Cambierei infine lo scarico con uno più corto, a mio avviso sia quello originale che quello Akrapovic sono un po’ troppo lunghi. Nello scrivere queste righe mi rendo conto che immaginando la mia XJR ideale ho preso spunto dalle Yard Built. Quindi, se volessi dare sfogo ai miei desideri, i pezzi per modificare la moto sarebbero già disponibili senza troppi sforzi, grazie alla componentistica realizzata appositamente da rinomati preparatori. Brava Yamaha, credo tu abbia fatto centro questa volta.


E se volete saperne di più, correte in edicola: il nuovo numero di Special Cafe vi aspetta!

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