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Point break: troppe 44 partenze, i piloti MotoGP vicini al punto di rottura

Il calendario 2023 ha fatto emergere definitivamente un malessere che i piloti sentono da tempo. L'aumento degli incidenti, dovuto al raddoppio delle partenze e delle gare, ha fatto parlare tre leader: Marquez, Quartararo e Aleix Espargarò. FIM e Dorna sono avvisate

Point break: troppe 44 partenze, i piloti MotoGP vicini al punto di rottura

I piloti oggi sono, nella stragrande maggioranza dei casi, dei soldatini. Difficile ascoltare da loro qualche frase che non sia di circostanza. La brutta infezione del ‘politicamente corretto’ si è insinuata a tal punto nel motociclismo da rendere noiose la maggior parte delle dichiarazioni.

Anche nelle relazioni fra di loro emerge pochissimo di quali siano i reali rapporti od antagonismi che li legano o li dividono.

Non parliamo poi delle prese di posizione: ad oggi l’unica cosa sulla quale sembrano tutti d’accordo è nel criticare Freddie Spencer, ma a nessuno viene in mente di chiedere chi lo abbia messo lì o, peggio, di cercare di scardinare una struttura che all’epoca era nata per tutt’altro scopo. Parliamo dell’Irta, ovviamente.

Timidamente, però, avvertiamo un cambiamento in atto ed è legato all’incontrollato aumento dei Gran Premi dovuto alla costante ricerca di un profitto sempre maggiore.

Il punto di rottura è stato determinato da un improvviso ed imprevisto aumento del carico, che è spiegato perfettamente da questa definizione tecnica: applicando una forza o sollecitazione esterna a un materiale, questo subirà una deformazione e un cambiamento dello stato tensionale interno dovuto allo scambio di interazione delle molecole che lo compongono. Aumentando progressivamente la forza esterna, le tensioni interne la equilibreranno di volta in volta, ma soltanto fino a un punto limite oltre il quale ciò non sarà più possibile: in tale circostanza il materiale si romperà e il valore di intensità della forza esterna applicata in quel momento sarà chiamata appunto carico o forza di rottura.

Sostituendo la parola ‘materiale’ con ‘piloti’, è evidente che l’aumento improvviso e sproporzionato del suddetto carico è stato non uno o due Gran Premi in più nel corso dell’anno, cosa che i protagonisti della MotoGP avrebbero sopportato, ma addirittura il raddoppio del numero delle gare dovuto all’introduzione sconsiderata delle Sprint Race in tutti gli appuntamenti del motomondiale.

Oggi lo hanno detto chiaramente sia Marc Marquez che Fabio Quartararo, ma anche Aleix Espargaró che alcuni già identificano come il futuro rappresentante dei piloti e non possiamo non ricordare che Mike Trimby, tristemente scomparso a Misano poche settimane fa, che dell’IRTA era a capo, era nato professionalmente proprio con questo ruolo: rappresentare i piloti in tutte le loro richieste, economiche e di sicurezza.

Parliamo dei tempi - datemi pure del boomer, ora - in cui al di là dei pochi fortunati piloti ufficiali, l’economia degli schieramenti di partenza era gestita dalla Federazione Internazionale e la sicurezza nemmeno presa in considerazione.

Ai piloti, allora, della FIM non fregava un tubo, la attaccavano apertamente e lo stesso facevano con gli organizzatori anche se queste due parti li minacciavano di rappresaglie. Nonostante ciò il 1° luglio del 1979, a Spa-Francorchamps, si verificò il più grande e compatto sciopero dei piloti di fronte, in quel caso, di un problema di asfalto così scivoloso da non risultare sicuro nemmeno utilizzando gomme rain.

Fra i promotori di quella protesta Barry Sheene, Kenny Roberts, Virginio Ferrari, Franco Uncini. Non fu l’unico sciopero, a quei tempi: si ripetette, per ragioni simili nel 1982 a Nogarò, in Francia.

Erano tempi, quelli, in cui la sicurezza non era assolutamente paragonabile a quella dei nostri giorni e seppure i piloti fossero abituati a correre su circuiti mortalmente pericolosi, nessuno accettava scientemente di rischiare oltre un certo limite e già dal 1977 il TT dell’Isola di Man aveva perso la sua validità mondiale.

Ora, oggi, la sicurezza ha fatto passi da gigante tanto che la parola non si accoppia come prima unicamente con la parola ‘circuiti’. Ha un senso più ampio e ha a che fare non solo con le prestazioni delle moto, ma anche con l’impegno e lo stress richiesto ai piloti. Che non è solo quello di guidarle.

A nessuno peraltro è sfuggito che oggi la Dorna richiede ai protagonisti della MotoGP sempre più del loro tempo, che è già ampiamente richiesto dai team e dagli sponsor. Il risultato è una geopardizzazione di coloro i quali sono i veri protagonisti dello show, come fossero semplici ingranaggi dello spettacolo, e non la risorsa più importante.

Ormai però si è raggiunto il carico di rottura, ed i piloti, da quelli miliardari ai peones che guadagnano 300.000 Euro l’anno, tanti per noi, ma sicuramente non sufficienti per affrontare una stagione che va da marzo a fine novembre, hanno cominciato a vocalizzare. A rendere pubblico il loro malessere.

E’ singolare che stiano iniziando a farlo solo ora, utilizzando unicamente la parola sicurezza, ma anche logico: si fossero lamentati del fatto che, da un anno all’altro, avrebbero dovuto fare il doppio delle gare, con lo stesso stipendio, gli avrebbero dato tutti dei fortunati milionari.

Ora, invece, di fronte al raddoppio degli incidenti, stanno iniziando ad alzare la testa, lamentandosi con la Dorna. Pubblicamente lo stanno facendo da poco, ma in modo sotterraneo hanno iniziato da un po’ a lavorare. Ed hanno ragione: se statisticamente c’erano ‘X’ incidenti durante la stagione, con il raddoppio delle partenze era inevitabile che raddoppiassero. E’ semplice matematica.

E in Dorna se ne sono accorti. L’idea di un maggior numero di wild card, ma anche delle ‘panchine lunghe’ è nata anche per questo, perché il regolamento attuale permette di non sostituire immediatamente il pilota infortunato nel Gran Premio successivo.

Ma poi cosa significa questo: il motociclismo non è il calcio, la panchina non esiste, parliamo di uno sport individuale. Cosa sarebbe cambiato per Enea Bastianini se la Ducati avesse avuto un sostituto fisso in tutti i Gran Premi in cui è mancato? Ve lo diciamo noi: niente.

Vedendo le cose sotto questo punto di vista ha perfettamente senso la richiesta di Aleix Espargaró di avere un periodo di break nel campionato di cinque settimane, per riprendersi anche fisicamente. Peccato che la logica dello sport-show, oggi, non permetta questi lunghi periodi senza Gran Premi. Si tende ad occupare tutto lo spazio possibile.

Del resto perché si è raddoppiato il numero delle gare? Ma è ovvio, perché le TV, i cui accessi erano diminuiti, hanno chiesto maggiore show. Sarebbe stato meglio pensare ad una ulteriore valorizzazione della lotta per la pole position, da sempre momento clou degli sport motoristici tanto da essere entrata come frase nell’accezione comune per indicare una prestazione straordinaria. Invece la si è praticamente annullata. Perché parlare di chi ha fatto la pole quando c’è già un vincitore di una gara? Lapalissiano, no?

E ritorniamo al discorso del carico di rottura. E’ uno scompenso fra ciò che è possibile sopportare, e cosa effettivamente è sopportabile da un materiale o da un gruppo di persone.

Attenzione: qui stiamo parlando dei piloti, ma il discorso coinvolge ovviamente anche tutti gli addetti ai lavori, meccanici per primi. O pensate che siano stati maggiormente compensati - ammesso che la compensazione risolva il problema - per un impegno diventato massimale?

Una piccola postilla conclusiva: nemmeno la F1 ha osato tanto, ed il rischio che corrono i piloti di farsi male seriamente è molto minore, e tante sono le risorse in più per l’intera struttura organizzativa.

Ci sono grandi cambiamenti all’orizzonte per il motociclismo, a partire da un nuovo regolamento tecnico che necessariamente dovrà vedere la luce entro la fine dell’anno, valido per il 2027. Una revisione, visto il recente calendario 2024 pubblicato nei giorni scorsi, del numero di GARE EFFETTIVAMENTE da correre, è sicuramente auspicabile.

Se invece non cambierà nulla ciò mi farà pensare, da vero boomer, che i piloti di oggi, tranne rare eccezioni che però devono manifestarsi, non allacciano nemmeno le scarpe ai loro colleghi del passato. E che tutti quei titoli mondiali schierati in una partenza della MotoGP, valgono veramente poco.

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