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Una frode da 10 milioni di sterline: la pagina nera della Norton

La vicenda risale a una decina di anni fa, quando a capo dell'azienda c'era Stuart Garner, e ora è al centro di un'inchiesta parlamentare nel Regno Unito

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Non c’è pace per la Norton, lo storico marchio britannico con più di 100 anni di storia alle spalle. Il problema sono gli ultimi capitoli, quelli scritti da Stuart Garner, che fu amministratore delegato dell’azienda fino al 2020, quando fece bancarotta per poi vendere il marchio all’indiana TVS, che tutt’oggi lo detiene.

Gli anni della gestione Garner sono saliti più volte in passato alla ribalta della cronaca e una nuova inchiesta del Guardian ha riacceso le braci che covavano sotto le ceneri. Tanto Sir Stephen Timms, presidente del comitato per il lavoro e le pensioni, ha dischiarato di volere avviare un’indagine parlamentare per fare chiarezza su come gli organi di vigilanza e i pubblici ministeri avessero gestito una frode pensionistica di 10 milioni di sterline (quindi più di 11 milioni e mezzo di euro, a cambio corrente) le cui vittime non hanno ricevuto nessun risarcimento e per cui nessuno è finito in prigione.

Garner aveva acquistato la Norton con un milione di sterline prese in prestito e ne aveva poi investite illegalmente altre 10 milioni nella sua attività, potendo contare anche sull’appoggio di importanti personaggi politici. L’anno scorso era stato condannato a 8 mesi di carcere con la condizionale.

Il Guardian ha scoperto che Garner si sarebbe macchiato di altre azioni illegali, tra cui la falsificazioni di firme di partner commerciali per raccogliere più facilmente fondi e la presentazioni di richieste inesatte a enti governativi per attingere a denaro pubblico. Non solo, avrebbe supervisionato un’attività in cui le moto mandate a Norton per la manutenzione sarebbero stare private di alcuni parti poi utilizzate per la costruzione di moto nuove. Infine, possedeva un’azienda di fuoco d’artificio a cui sembra che sia stato trasferito un milione di sterline poco prima che Norton venisse messa in amministrazione controllata.

Il punto chiave, è la truffa pensionistica perpetrata tra il 2012 e il 2013, quando i risparmiatori vennero convinti a investire nell’azienda. In verità, le nuove prove prodotte dal Guardian dimostrerebbero che quei soldi non sono stati investiti, ma usati in gran parte per tenere in piedi l’azienda che già era in grossi guai finanziari. L’inchiesta giornalistica rivela molti altri dettaglia, come 300.000 sterline trasferite a un’altra azienda che sembrerebbe essere un sito web per criptovalute.

Quando nel 2020 la Norton ha dichiarato fallimento, i soldi erano spariti e i titolari dei fondi pensioni si erano ritrovati con un debito di 14 milioni di sterline. Ora le vittime potranno chiedere una compensazione, ma nel migliore dei casi recupereranno solo la metà di quanto investito e senza avere tempi certi.

La pagine più scura della storia della Norton deve ancora essere chiusa.

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