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Le 400 più belle di sempre... mai arrivate in Italia

In Giappone, nei primi anni '90, era guerra fra le supersportive di 400 cc, piccole ma grandi race replica!

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In Italia la cilindrata di 400cc è abbastanza sconosciuta. Se non fosse per qualche maxiscooter che l'annovera fra le motorizzazioni disponibili (anche se ultimamente i 300 sono più popolari), il resto dei mezzi degli ultimi 20 anni con questa cubatura li contiamo sulle dita di una mano. In Giappone, però, le cose stanno diversamente e per motivi legislativi le moto di grossa cilindrata non sono incentivate e spopolano quelle sotto i 400cc. Negli anni '90 in particolare, c'è stato un boom delle supersportive con cilindrata ridotta che ha fatto nascere un vero e proprio culto. Ecco le Baby Superbike che nelle nostre strade non abbiamo mai visto... o quasi. 


Perchè 400cc?


125, 250, 750 e 500 sono i frazionamenti logici del motociclismo, che da sempre prende il litro come punto di riferimento per lo sviluppo dei motori. I 400 centimetri cubi per moto derivate da vere Superbike non sarebbero la prima scelta, ma i costruttori sono stati obbligati dalle leggi giapponesi che prevedevano due tipi di patente: una per le moto da 50cc a 400cc, conseguibile dai 16 anni e piuttosto economica, e una per i motocicli oltre 400cc, dal costo esorbitante e dall'esame decisamente difficile da superare a causa della prova di sollevamento di una moto da 240kg da terra. Il mercato interno delle "big 4" si è mosso di conseguenza e sul finire degli anni '80 Honda, Yamaha, Suzuki e Kawasaki hanno proposto un'intera gamma di moto naked, custom, sportive e turistiche con cilindrata non superiore ai 400. Anche in Europa, per entrare nel mercato del Sol Levante, si è deciso di seguire questa strada, per esempio Ducati ha realizzato le Monster e Supersport 400 unicamente per il Giappone. Tutt'ora è così, ma le sportive di piccola cilindrata hanno preso strade diverse (quelle da 250 e 300 imposte dal mercato sud-orientale) e che questa categoria non è più così richiesta dall'utenza, che preferisce comprare naked e piccole moto tuttofare.


Le massime esponenti della categoria


In cima alla lista di questi sogni erotici in scala c'era senza dubbio la Honda VFR400R NC30, sorellina della RC30 nata nel 1992 con un meraviglioso telaio a doppio trave in alluminio e forcellone monobraccio. Il motore era ripreso dalla precedente CBR400RR (anche questa una vera chicca), un V4 DOHC da 399cc che esprimeva la potenza massima di 59 CV a 12.800 g/min e una coppia di 39 Nm a 10.000 g/min su 165 kg di peso. Coppia bassa e picchi di potenza così in alto, fan capire subito che questa tipologia di moto amava girare in alto e urlare oltre i 10.000 per poter dare sensazioni da vera moto da gara. Uno scarico aftermarket, con queste premesse, era d'obbligo.
L'arma di Yamaha fu la FZR400, nata sul finire degli anni '80 e portata fino a metà dei 90 dalla versione RR. In questo caso abbiamo una moto da 160 kg per 66 CV davvero ottima come componentistica e con un telaio in alluminio Deltabox che la faceva figurare fra le più maneggevoli della classe.
Suzuki, con la sua GSX-R 400, poteva contare su 60 CV di potenza massima su 160 kg a secco, nata nel 1987 con la prima versione a cui è seguita la "400R" che mischiava il look leggero della RGV Gamma con quello muscoloso della GSX-R 1100 dei primi anni '90. Un po' indietro delle rivali in termini di prestazione pura, ma ottima moto nel comportamento stradale, con un motore rotondo e pastoso.
La Kawasaki ZXR400 è l'unica che noi Italiani abbiamo avuto la fortuna di conoscere. Il secondo modello della serie è arrivato anche in Europa e - benchè rimasto nella nicchia delle nicchie - è riuscito a conquistare parecchi cuori. Per lei 60 CV, 39 Nm e un peso di 162 kg a secco, con un regime di rotazione massimo prossimo ai 15.000 giri. Esteticamente aveva le stesse caratteristiche delle Ninja di successo, quindi fu accettata di buon grado anche da noi, ma sappiamo come è andata a finire, le vendite non furono così sorprendenti da garantirne un'erede. 


Perchè in Italia non hanno funzionato?


Negli anni '90 la categoria delle supersportive 400 ha portato al limite estremo il concetto di sportività a cilindrata contenuta. Quando in Europa le 250 a 2 tempi spopolavano, in estremo oriente lo stesso principio di race-replica veniva applicato a piccole quadricilindriche con componentistica di primissimo livello e linee aggressive, che facevano impazzire non solo i ragazzini ma gli appassionati sportivi di qualsiasi età. Sarebbe stato difficile far convivere sia le duemmezzo che le quattro (vicine sia per target che per picchi di potenza e coppia) in un mercato dove la presenza del motomondiale influenzava tantissimo le vendite. 
La ZXR400 che abbiamo citato poco sopra fu l'esperimento che fece desistere tutti i costruttori. L'ingresso di questa moto sul mercato occidentale fu un esperimento di Kawasaki, che provò a tastare i gusti europei con una moto studiata per un mercato del tutto diverso. Se le vendite avessero superato le aspettative, avrebbe trascinato anche tutte le altre 400 nel Vecchio Continente, facendo nascere la nuova categoria, ma così non fu e le Big 4 non hanno fatto altro che veder confermato quello che già si sapeva: oltre i confini giapponesi non c'era spazio per le piccole superbike, e quei pochi appassionati di moto esotiche e uniche nel loro genere, hanno dovuto importare e reimmatricolare questi modelli per poterseli godere. 
In Italia continuano a non trovarsi nell'usato e dai collezionisti: per quanto interessanti, non vengono preferite ad altre chicche di cilindrata superiore di quegli anni, che qui hanno molto più appeal e mercato. In giro si trovano, per l'appunto, solo le ZXR 400 a cifre più che oneste attorno ai 2.000 euro, mentre in casa di qualche invasato potreste incontrare qualche rarissima Honda NC30, magari accanto a una RC30 fiammante.
Nel cuore degli appassionati un po' alternativi, rimane il rammarico di non aver vissuto la lotta fra quelle moto, così simili a una superbike e con un fascino unico, da vere moto esotiche. Da qualche parte, in giro per il Giappone, ci sarà qualche appassionato che sogna le nostre RS 250 ed RGV Gamma... tutto sommato sono stati anni felici anche per noi.


 


 

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