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Mondial Piega 1000: storia di un insuccesso

Prometteva benissimo sia per tecnica che per estetica. Una gestione non ottimale dell'azienda fece chiudere i battenti dopo solo 3 anni

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La Mondial Piega 1000 è stata una moto dalla carriera breve ma intensa e sofferta, passata quasi inosservata all'utenza generalista ma molto importante dal punto di vista progettuale e di innovazione tecnologica. Nell'anno della presentazione, il 2001, gli appassionati abbracciarono il progetto come una rinascita concreta del marchio italiano e in tanti avrebbero desiderato mettersela in garage. Purtroppo la sua scalata è stata più dura del previsto, sia per scelte aziendali sbagliate che per vera sfortuna... una storia troppo breve.


Il progetto era vincente


Il progetto è partito agli albori del nuovo millennio, con un team di 20 persone riunito da Roberto Ziletti, industriale lombardo con il pallino delle moto. A capo di tecnica e design due giovani ma promettenti realtà del settore, Nicola Bragagnolo e Sandro Mor. Mondial è ripartita come una piccola azienda di produzione artigianale e la Piega 1000 doveva essere una moto esclusiva, per appassionati veri e facoltosi, con la promessa di 250 esemplari all'anno al prezzo di 57 milioni di lire su strada. Al tempo numeri così si potevano raggiungere, era il boom delle moto supersportive e la crisi economica era ancora lontana, quindi era il momento giusto per lanciare una moto di questo tipo.
Per offrire qualcosa di davvero unico, in tiratura limitatissima, c'era bisogno di sposare principi che una produzione in grande serie non poteva offrire, come dettagli tecnici molto simili alle moto da competizione e materiali pregiati. Ci si è posti l'obbiettivo di realizzarla compatta, più di qualsiasi altra SBK stradale, così attorno al motore Honda VTR 1000 SP1 da quasi 140 CV (fresco di debutto nel mondiale SBK e subito velocissimo) è stato realizzato un telaio in traliccio di tubi in cromo-molibdeno-vanadio. Una scelta che si affacciava al mondo Ducati, ma che puntava a un miglior comportamento su strada grazie a una maggiore flessibilità e il mono posteriore era infulcrato sul basamento. Interessante la scelta di utilizzare un forcellone in acciaio come il telaio ma rivestito da una membrana di carbonio.  


Bella e snella, lodata dalla stampa


Esteticamente era bellissima: scarico perfettamente inglobato sotto il codone, carene snelle e rastremate e interasse compatto. I freni sono stati sviluppati prima con supporto triple bridge poi con pinza radiale, una novità per le moto di serie. La bilancia segnava 182 kg nella la prima versione, poi diventati 168 nella versione EVO del 2003 con tante parti in carbonio. 
Non avendo una rete di concessionari e non volendo appoggiarsi ai multimarca, Mondial ha scelto una strada particolare per la vendita delle sue moto: ordine effettuabile solo in banca in Italia e solo su Internet all'estero, una scelta quantomeno particolare che alla fine non si è rivelata favorevole. Il sogno di Ziletti e del suo team ha stentato a decollare e la comunicazione non è stata ottimale. Gli ordini stentavano ad arrivare nonostante tutte le testate ne decantassero le lodi di leggerezza, maneggevolezza e rigorosità ciclistica. I numeri per l'omologazione in SBK non sono stati mai raggiunti e le 3 moto preparate, che già stavano testando in pista, hanno potuto fare una comparsata solo in qualche gara dell'Endurance.


Il sogno infranto


La storia tribolata di Mondial si è conclusa nel 2004, dopo soli 3 anni, con circa 150 Mondial Piega e solo 2 Mondial Piega Evo vendute. Nel mezzo anche la naked RZ Nuda realizzata in 15 esemplari. La bancarotta è stata inevitabile e Ziletti è finito nei guai: 2 anni e mezzo di condanna e l'obbligo di risarcire 1,7 milioni agli investitori. Capitolo chiuso, rimane l'amarezza per una delle moto più belle e promettenti del decennio scorso, con un potenziale grandissimo e un nome importante, che avrebbe meritato molto più successo.

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