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Marco Aurelio Fontana: “Con l’Africa Eco Race ho coronato un sogno”

Il brianzolo, medaglia olimpica nel cross country, ci ha raccontato il suo esordio nel Rally Raid: “È stata tosta perché fare il rallista ti impegna 24 ore al giorno, ma erano anni che sognavo di fare questa gara e dopo un risultato così clamoroso potrei pensare alla Dakar”

Dakar: Marco Aurelio Fontana: “Con l’Africa Eco Race ho coronato un sogno”

Marco Aurelio Fontana non si tira indietro davanti alle sfide. Lo ha dimostrato alle Olimpiadi di Londra del 2012, quando è riuscito a conquistare la medaglia di bronzo nel cross country, pur avendo rotto il reggisella all’ultimo giro. E lo ha nuovamente ribadito in questo 2024, che lo ha visto cimentarsi nella sua prima Africa Eco Race, in sella alla Honda CRF450 Rally preparata da RS Moto Factory.

Dodici tappe massacranti attraverso gli incredibili paesaggi di Marocco, Mauritania e Senegal. Distese di pietre e di sabbia, che hanno permesso all’ex mountain biker di coronare il sogno cullato sin da bambino di cimentarsi nella Parigi-Dakar. Una sfida contro se stesso, portata a termine al sesto posto assoluto della competizione e al terzo della Classe 450.

Correre in moto era un sogno che avevo quando ero piccolo, anche se poi ho corso in bici. Ho sempre pensato di essere un pilota e ho avuto questa opportunità grazie a Honda e alla mia passione, che mi ha spinto ad andare sempre più in moto e a cimentarmi in qualche gara, come il Rally di Sardegna e la Sei Giorni Internazionale di Enduro, a cui ho partecipato qualche anno fa. Questo però è stato sicuramente il passo più importante della mia carriera motociclistica ha affermato il 39enne brianzolo, raccontandoci cosa lo ha spinto ad affrontare negli oltre 6000 km della maratona: “Ho sempre voluto fare la Dakar e confrontandomi con tanti piloti mi hanno detto un po’ tutti che questa è la gara che ti permette di vivere l’Africa e l’esperienza della vera Dakar. Così abbiamo cominciato a lavorare a questo progetto e in pochissimo tempo siamo riusciti a mettere tutto insieme”. 

L’Africa Eco Race è stata come te l’aspettavi?
“Per certi versi sì, perché ho avuto una lunga carriera in bici ed erano tanti anni che sognavo di fare questa gara. Da una parte è bellissimo essere nel deserto alla mattina con il sole che sorge, ma dall’altra non avevo fatto i conti con tutte le difficoltà di un Paese come l’Africa. Non è facile dormire in tenda con le tempeste di sabbia o i 3° C che abbiamo trovato in Marocco e a questo vanno sommate delle situazioni come le dogane, che hanno reso la gara ancora più dura. Fare il rallista ti impegna h24 e la difficoltà che mi ha maggiormente colpito è stata proprio il fatto che, a differenza degli altri rally più piccoli a cui avevo partecipato, questo ti impegna 24 ore al giorno. Le parti fisiche e di guida sono quelle in cui sono andato meglio”.

Hai stupito tutti chiudendo al sesto posto assoluto e sul podio di classe. Tu credevi di poter raggiungere un risultato simile già al debutto?
“Non mi aspettavo di chiudere così avanti. Il mio obiettivo era quello di stare tra i primi 15 e già così sarebbe stata una gara super. È andata meglio di quanto mi aspettassi, grazie anche al fatto che sono arrivato quarto assoluto in un paio di speciali. Ho sempre pensato di poter andar bene nei rally perché è una disciplina in cui bisogna mettere insieme tante cose, ma non pensavo che sarei potuto andare così bene”. 

Cosa hai provato all’arrivo al Lago Rosa?
“È molto emozionante concludere una gara del genere vivo e tutto d’un pezzo. Diciamo che dici proprio ‘ce l’ho fatta’, perché in quelle due settimane superi talmente tante situazioni e talmente tanto stress mentale che, quando arrivi all’arrivo a Dakar, ti metti a piangere perché non ne puoi più. Arrivare lì ti dà tanto ed è una bella soddisfazione a livello personale, ma c’è anche la consapevolezza che serve anche un po’ di fortuna per arrivare fino a al traguardo sano e ancora in classifica”.

C’è mai stato un momento in cui hai pensato che non saresti arrivato in fondo?
“Ho preso la febbre il secondo giorno sulla nave. Ho trascorso un paio di notti senza dormire e sono stato malissimo proprio la notte prima della tappa precedente al giorno di riposo. Ho pensato di non farcela, perché credevo che mi sarebbe stato impossibile partire all’indomani, ma è passato anche quel momento”.

Qual è stata invece la parte più bella di tutte?
“Partire in speciale con il sole gigante dell’Africa, che è la ragione per cui ho fatto l’Africa Eco Race. Quando poi vai a tutta e la moto inizia a sbacchettare senti proprio di essere alla Dakar”.

Come ti sei trovato con la Honda CRF450 Rally?
“Mi sono trovato molto bene con la Honda sviluppata da RS Moto. L’avevo già provata in occasione dei test in Tunisia ed è una moto che va molto bene, molto facile e con cui ti senti subito a tuo agio. Mi sono trovato benissimo anche con la squadra, soprattutto con Luca e Walter che guidavano il furgone dell’assistenza. Loro sono stati fondamentali, non soltanto perché mi hanno sempre fatto trovare una moto perfetta. Ma anche perché non hanno mai perso la positività nemmeno davanti alle difficoltà, incoraggiandomi ogni giorno. Sono persone come queste che fanno la differenza. In più, avevo con me anche Gritti e Agazzi, che mi hanno dato tanti consigli”.

Pur essendo due realtà diverse, c’è qualcosa che accomuna la moto e la mountain bike?
“La resilienza e la concentrazione che ti serve per riuscire a fare tutto bene per arrivare all’arrivo. Poi devo dire che la guida sulla sabbia è simile a quella in bici, nel senso che il gas rimane costante quindi guidi la moto un po’ più come una bici”.

Ora che hai assaporato l’Africa Eco Race, hai già iniziato a fare progetti per il futuro?
“Adesso voglio prendermi un attimo di pausa perché è stata una gara veramente tosta, ma anche perché devo capire qual è il passaggio successivo dopo un risultato così clamoroso. Potrebbe essere la Dakar, ma è adesso è ancora troppo presto per parlare”.

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