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MotoGP, Günther Wiesinger si ritira: esce (per ora) di scena l'ideatore di Speedweek

Come i pluricampioni ha anticipato il suo distacco dalle competizioni il Direttore e Fondatore di Speedweek. Un amico e collega con il quale abbiamo condiviso l'intera carriera

MotoGP: Günther Wiesinger si ritira: esce (per ora) di scena l'ideatore di Speedweek

Ho letto con grande attenzione, e commozione l’articolo dell’amico e collega Guenther Wiesinger di Speed Week con il quale annunciava il suo ritiro dal giornalismo attivo. Almeno per il momento.

Me lo aveva anticipato durante la stagione e quando Guenther dice una cosa, ancora prima di scriverla, è vera al 100%. Non al 99%.

Wiesinger ha iniziato a frequentare il mondiale un paio di anni prima di me, che lo ho fatto nel 1977, e da quel momento lo ho considerato più che un collega, il mio più caro amico all’interno del paddock.

Lui con il suo fluente inglese dall’accento teutonico, io con il mio broccolino style, abbiamo scambiato notizie e pettegolezzi per 46 anni. Ci siamo confrontati su ogni avvenimento sportivo e devo dire di avere spesso invidiato la sua lucidità e distanza dai fatti, mentre io spesso ero condizionato dalla mia anima latina e dalla passione attiva per il motociclismo che ancora mi perseguita.

La sua fortuna è che le sue due ruote di passione non hanno mai avuto un motore, bensì pedali: non so, negli anni, quante biciclette nuove mi ha mostrato e quando eravamo più giovani, ma soprattutto prima di internet divoratore di tempo, è capitato che ci incontrassimo in pista, dopo il lavoro: lui in bici, io a piedi, di corsa. Era il periodo in cui facevo più di 100 Km a settimana, e questa reciproca passione per lo sport praticato, per la fatica, me lo ha reso un fratello. Del resto ai tempi era necessario fare sport: non c'erano comunicati, non c'era niente, così io e Guenther ci eravamo messi d'accordo. Alla fine della gara uno partiva da un capo della pitlane e l'altro dall'altra per raccogliere tutti i motivi dei ritiri.

La foto di copertina ci ritrae entrambi, all'inseguimento di Kenny Roberts
, per una dichiarazione. Quando ancora al vincitore si regalava una corona d'alloro. Pratica meravigliosa interrotta perché sul podio copriva gli sponsor sulla tuta!

Nei primi anni di Internet, quando GPOne.com era ancora un hobby che, dopo il lavoro per il quotidiano, mi rubava tempo ed energie, ricordo le discussioni fra di noi: lascia perdere, mi diceva. E’ tempo sprecato. Posso dire che è l’unica notizia sbagliata che mi ha passato nel corso di tutti questi anni.
 

Guenther con Stefan Bradl, dopo aver visto correre il padre, Helmut, Stefan è stato il suo 'nipotino'

Quando si fa una cosa bene, sia essa un lavoro od uno sport, è sempre difficile smettere. Da giornalisti abbiamo assistito a tanti ritiri di campioni e personalmente ricordo le lacrime di Kevin Schwantz al Mugello e quelle di Wayne Gardner a Donington.

Ma ci sono stati anche fuoriclasse che sono usciti dalle corse in silenzio, come Eddie Lawson a cui, avventatamente dissi che mi sarei ritirato quando lo avesse fatto lui, tanto mi piaceva il suo modo di correre e di affrontare le sfide.

Di Wayne Rainey ricordo una conversazione in Australia, a Eastern Creek, dopo l’incidente di Misano: rientravo in albergo dopo una corsetta serale e me lo ritrovai lì, sulla sedia a rotelle. Uno dei miei eroi. Ero imbarazzato e confuso perché io correvo e lui non poteva più farlo, nemmeno con la moto. Ma Wayne quella sera mi insegnò che è il carattere che fa gli eroi e chi lo è stato, lo è per sempre. Ed è per questo che la mia ammirazione per lui crebbe ancora.

Non avete nemmeno idea di quante lezioni di vita, assieme a Guenther abbiamo ricevuto frequentando sportivi di alto livello nel corso della nostra vita. Perché lo sport, come l’arte di qualsiasi genere, è una passione totalizzante, che non bisogna mai trasformare in tifo.

Chi fa sport lo sa: ti da indietro tutto quello che ci metti in termini di tempo e fatica. A volte anche di più.

Negli ultimi anni fare questo lavoro, con credibilità e coscienza, è diventato sempre più difficile. Quel grande che è Luigi Brenni, ex Presidente della Commissione Corse su Strada, il presidente della FIM che sfortunatamente non abbiamo mai avuto, ci soprannominò “la stampa dello scandalo”, con affetto.

Allora si poteva scrivere una indiscrezione, anche pepata, senza suscitare il vespaio che si scatena oggi con i social. Per questo lo Skandalera, il soprannome che mi aveva affettuosamente affibbiato Barry Sheene, non esiste più. Non ce la farei mai a replicare ai millemila che senza aver mai frequentato il paddock, senza avere relazioni dirette e fuori dai denti, si sentono in diritto di giudicare l’operato di chiunque.

Come sempre in questi 46 anni Guenther Wiesinger mi ha indicato la strada da seguire, perché con i colleghi si può e si deve avere rivalità, ma sono i primi a darci i migliori insegnamenti.

Io oltreché da lui ho appreso molto dall’amico fraterno Juan Porcar, compagno di avventure - anche agonistiche - alla Parigi Dakar. Da Carlo Canzano, rivale e amico della Gazzetta, da Renato D’Ulisse e Dario Torromeo, del Corriere dello Sport con cui ho condiviso gli anni della Formula 1.

Mi sembra strano guardarmi indietro e vedere quanta strada abbiamo percorso. Quanti Gran Premi? Non li ho mai contati, né ho troppi memorabilia nel mio studio. Un casco di Lawson, uno di Biaggi.

Non posso ritirarmi in maniera così splendida ed irrevocabile come ha fatto Guenther, GPOne.com è maggiorenne ma come tutti i giovani moderni ha ancora bisogno di qualche consiglio, per cui temo che i lettori dovranno sopportarmi ancora per un po’, ma non come una presenza costante.

Ho già iniziato a diradare gli impegni, ma non perché non ami ancora visceralmente il motociclismo: ho bisogno di più tempo per andare a girare a Vallelunga, anche se c’è bisogno della clessidra per prendermi i tempi. E poi c’è l’impegno di tornare a correre perlomeno una mezza maratona.

Alla soglia dei 70 non posso perdermi la soddisfazione di essere ai prossimi test in Malesia, assieme a Matteo, per vedere le nuove moto e Marquez sulla Ducati, ma poi non andrò in Qatar. I test sono libidine, il Qatar sarebbe lavoro, ed ora, da un po’ di tempo, ne sto facendo un altro, contemporaneamente: tirare sù una intera generazione di giornalisti di motociclismo.

Chi ha lavorato per GPOne, rimarrà per sempre un #gponers. Così preferisco citare solo uno che mi è rimasto nel cuore e che credo oggi avrebbe avuto un ruolo importante nel paddock: Luca Semprini.

Caro Guenther, naturalmente ci vedremo ancora. Non solo i grandi campioni possono interrompere il proprio ritiro, anche i giornalisti possono farlo. Nulla è per sempre, se non la passione per lo sport. Ed ora cercherò di inventarmi un titolo per quello che non è un addio ad un grande giornalista, ma un arrivederci.

 

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